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CONSERVAZIONE DELL’AMORE CONIUGALE
Sessualità e affettività nella terza età
Questa operetta non svela i segreti delle camere da letto per morbosità ma per aiutare quelle coppie di anziani e meno anziani, ma anche di giovani, che hanno perso il piacere dello stare insieme e si sono rassegnati ad intristire con l’avanzare dell’età, ignorando che con un po’ di buona volontà potrebbero re-imparare a piacersi e ad amarsi anche fisicamente. Scopo di questa guida è appunto il risveglio e il mantenimento dell’affettività, ed è fondato sul principio che essa è biologicamente intrecciata con l’attrazione sessuale in un circolo di reciprocità per cui l’una evoca necessariamente anche l’altra. Si suggeriscono quindi i comportamenti e gli accorgimenti per riattivare l’attrazione fisica dimenticata e per ritrovare quelle soddisfazioni che l’anziano tende a credere siano solo “roba da giovani”, ma che servono a tenere unita felicemente la coppia. L’essere umano è infatti geneticamente programmato per vivere in coppia con amore; e l’amore, se non viene disturbato da fattori esterni, può e deve essere “per sempre”.
Veniero Scarselli, fiorentino, laico ma di educazione cattolica, è stato professore di Fisiologia Generale all’Università di Milano, dove ha svolto per anni attività di ricerca e insegnamento. Attualmente si interessa di Antropologia.
Gemma Menigatti Scarselli, perugina, pure laica ma di profonda educazione cattolica, è laureata in lettere moderne e si occupa di problemi socio-ecologici. Ha attivamente collaborato col marito alla discussione di questo libro dal punto di vista squisitamente femminile e alla sperimentazione pratica dei semplici accorgimenti che vi sono descritti.
INDICE
Introduzione
L’abbraccio rigenerante
Vincere il ritegno
Il preludio
Donare piacere
Sessualità e affettività
Come vivere la sessualità
Protesi falliche e rimedi farmacologici
Lo stato permanente di eccitazione
Sessualità, famiglia, cure parentali
L’illusione del “partner migliore”
Sesso o amore?
Omosessualità senile
Suggerimenti pratici
Il bacio - Mani e piedi femminili - Genitali femminili - Cunnilingus e fellatio - Coito
Conclusione
Introduzione
Bisogna convincersi che l’amore di una coppia, se non viene disturbato da fattori esterni, può essere davvero “per sempre”, come del resto accade spesso nel mondo animale; psicologia, fisiologia e antropologia ci dicono che particolarmente gli esseri umani hanno in sé la capacità di costituire all’interno di una coppia un intreccio talmente profondo e complesso di amore, amicizia e sessualità, da rendere la loro unione indissolubile per forza naturale e a prescindere da costrizioni sociali o religiose. Il motivo di ciò risiede nel fatto che un tale intreccio di istinti e sentimenti è un fattore assolutamente necessario per lo sviluppo psicofisico dell’individuo, quindi per la sua piena realizzazione; si può dire anzi senz’altro che l’essere umano è strutturato per vivere come coppia eterosessuale e costituire una famiglia; la Natura, infatti, in vista del lungo periodo di cure parentali necessarie allo sviluppo dei molti figli possibili, ha fatto sì che questa attitudine fosse geneticamente programmata e che la profondità e la forza del legame aumentasse sempre più col crescere del vissuto della coppia e della sua maturità.
Se oggi la realtà sociale ci appare molto diversa, ciò è dovuto alla dilagante corruzione dei costumi incentivata da una società consumistica profondamente deviata dal suo stato originario e che agisce sulla coppia con una enorme quantità di fattori di disturbo. Non è nostro compito analizzare qui le cause di un degrado tanto profondo ed esteso; tuttavia, nonostante lo sfascio di tanti matrimoni, la stessa ragione e il buon senso ci impediscono di accettare che una coppia, che si è scelta ed amata nell’ora giovanile dell’amore fino a decidere di unirsi in matrimonio, giunga col tempo all’inaridimento dei sentimenti o all’assuefazione, o ancor peggio ad uno stato di reciproca insofferenza facilmente sfociabile nella separazione.
Questa operetta è dedicata principalmente alle coppie di anziani e meno anziani che hanno dimenticato il piacere e il desiderio dello stare insieme e si sono rassegnati ad essere macinati dalla routine della vita quotidiana intristendo col grigiore dei capelli e ignorando che con un po’ di intelligenza e buona volontà potrebbero re-imparare a piacersi e ad amarsi. Scopo prioritario di questa Guida è appunto il risveglio e il mantenimento dell’affettività, ed è fondata sul principio che questa è biologicamente intrecciata con l’attrazione fisica in un circolo virtuoso di reciprocità per cui l’una accende necessariamente anche l’altra. Si suggeriranno quindi gli accorgimenti da seguire per risvegliare anche solo per un breve periodo l’attrazione fisica sopita o dimenticata, in modo da risuscitare una soddisfacente vita affettivo-sessuale dalle prestazioni ovviamente proporzionate all’età, quella vita sessuale che l’anziano, sia maschio che femmina, tende erroneamente a credere sia soltanto “roba da giovani”. Spesso infatti per ingiustificato orgoglio o ignoranza della fisiologia femminile, per paura delle reazioni del partner o per l’oggettivo raffreddamento della confidenza col coniuge, per lo sconforto davanti alla propria impotenza o per il declino dell’aspetto fisico, l’anziano si rassegna a vivere in uno stato che crede sia una fisiologica e inesorabile “pace dei sensi”, negando così a se stesso e al proprio partner la possibilità di accedere ad una tonificante vita affettiva e sessuale e quindi ad una felice realizzazione della personalità.
Prendiamo come esempio il tipico atteggiamento del vecchio maschio che si è ripiegato su se stesso dopo le prime sconvolgenti difficoltà di erezione. Egli è portato a credere che si tratti di una normale condizione di senescenza; anche quando si decide a vincere la reticenza e a parlarne col medico di famiglia, riceve generalmente una bonaria e grossolana conferma di quanto pensa; rassicurato circa la sua normalità, si mette quindi il cuore in pace e si auto-inibisce a tal punto da non essere neanche consapevole che in fondo al cuore desidererebbe avere con la moglie ancora una intimità sessuale; oppure, se qualche volta affiora tale desiderio, la sua educazione di maschio benpensante, insieme a tutto ciò che sembra suggerire una società certamente spietata verso gli anziani, lo induce a credere che il suo desiderio sia dettato da una disdicevole nostalgia di lussuria, anziché dal bisogno sacrosanto di una più intensa intesa affettiva con la propria sposa. Peggio ancora, non immagina neppure che questa onesta aspirazione possa essere condivisa anche dalla compagna, la quale dopo i primi fallimenti non ha più avuto il coraggio di manifestarla; egli non sa, o si vieta di immaginarlo, quanto una donna ancora fisicamente ammirata e desiderata dal marito possa sentirsi stimolata eroticamente e possa essere comprensiva e collaborativa nei riguardi d’uno sposo impaurito e frustrato dalla propria impotenza. Ma il desiderio rimosso lavora lo stesso negativamente nell’inconscio e può indurre nei riguardi della compagna una deleteria sensazione di estraneità, forse anche di rancore, uno stato d’animo che genera sicuramente nervosismo e aggressività e può infine provocare veri e propri scompensi psicologici o psicosomatici e addirittura accelerare il processo d’invecchiamento riducendo l’anziano in una condizione miserevole di vita.
L’anziano invece deve abituarsi a pensare che se anche il declino fisico lo ha oggettivamente privato di alcune funzioni importanti e il confronto con i giovani lo ha indotto a pensare che alla sua età sia indecente desiderare ancora di fare certe cose, egli ha il diritto naturale di avere i desideri e le emozioni sessuali che potrebbero donargli una gioiosa convivenza con la propria compagna. Il fine di questo libro è appunto la riscoperta e il mantenimento di un certo grado di attività sessuale, quindi di complicità e affettività, nella coppia anziana di sposi ma anche in tutti quelli che, non ancora anziani, per qualche ragione si trovino a soffrire per una crisi affettiva; la presenza dell’attrazione sessuale è infatti ad ogni età il vero onesto cemento di una bella unione coniugale, il segreto che fa vedere ancora giovane e bella la propria compagna e fa apparire piacevole e desiderabile ogni sua peculiarità, inclusi i difetti; il segreto infine che rende se stessi più buoni e gentili, generosi e tolleranti.
Talvolta è perfino sufficiente riattivare per breve tempo il desiderio con mezzi artificiali, farmacologici, ormonali, e perché no anche pornografici, se il fine è di risvegliare un erotismo e un’affettività che possa far ritrovare ad entrambi la vera gioia di vivere; tali sentimenti potranno risultare, se non più intensi, sicuramente più profondi di quanto lo fossero in gioventù e si potrà anche constatare che l’affiatamento sentimentale, una volta riavviato, non regredirà dopo l’esaurimento dell’effetto ottenuto “artificialmente” sulla sessualità, ma si manterrà illimitatamente purché non manchi la volontà di coltivarlo e conservarlo: non bisogna infatti mai dimenticare che l’amore, anche agli inizi dell’innamoramento, è mosso soprattutto dalla volontà di amare, e premia sempre anche chi a una certa età voglia sinceramente risuscitarlo o conservarlo. La lettura di questa guida può allora risultare utile anche alle coppie giovani o meno anziane che al primo sentore di appiattimento dei sentimenti, invece di scegliere la via più facile della separazione, potrebbero preventivamente correre ai ripari per mantenere vivo e attivo il legame affettivo; un giorno saranno anch’esse anziane, ma non vorranno fare la fine dei loro genitori divorziati o ridotti ad avere fino a tarda età un cuore e un corpo isteriliti.
L’abbraccio rigenerante
Il motore più efficace per riavviare il piacere dello stare insieme è il ripristino della pura e semplice intimità pelle a pelle, astenendosi, se non ce ne fosse il desiderio reciproco, da ogni tipo di approccio sessuale; il primo e più semplice passo consiste infatti nel riprendere familiarità con le reciproche nudità attraverso un abbraccio che potremmo definire “platonico”, ma che in realtà è altamente stimolante e rigenerante.
Comprendiamo che non sia facile credere che un tale semplice atto possa rigenerare profondamente la vita di due persone, purché almeno una di loro trovi il coraggio e la volontà di iniziare; sarà la sperimentazione di questo abbraccio “casto” e rigenerante a darne la piacevole conferma. Ciò che invece non è affatto semplice è fare il primo passo quando una situazione di indifferenza o estraneità, o peggio di insofferenza, si sia incancrenita e abbia creato un muro fra i due vecchi coniugi, che pure una volta erano stati sinceramente innamorati. In questo caso invitiamo tutti quelli che vorranno prendere l’iniziativa a non scoraggiarsi e a ricominciare proprio dal loro antico primo corteggiamento fatto di piccole attenzioni, di sfioramenti di mani e di gentili carezze, che una volta procuravano uno struggente languore; sarà straordinario accorgersi che queste tenerezze, se ricambiate, possono ancora procurare alla coppia di anziani un sentimento forse anche più dolce che in gioventù, perché vissuto con l’esperienza, la consapevolezza e le aspettative d’una vita matura; si ricordi sempre che amore richiama altro amore.
Solo dopo che questo nuovo corteggiamento abbia sciolto il muro dell’estraneità, si potrà passare a ricuperare l’intimità di un contatto fisico di pelle a pelle, mediante il quale aprire un varco anche a un contatto spirituale. Il principio su cui si basa questa elementare intimità rigeneratrice potrà suonare forse come nuovo e “inesplorato”, ma ciò accade soltanto perché in tempi giovanili il delicato piacere di abbracciarsi nudi aderendo strettamente col proprio corpo a quello del partner è stato generalmente oscurato da quello più forte e prepotente del desiderio sessuale. Non bisogna infatti confondere il placido abbraccio contemplativo di cui si parla in questo capitolo con quello praticato quando i partner si spogliavano solo allo scopo di eseguire più agevolmente e con maggiore eccitazione il rapporto sessuale, e per lo più cercavano ansiosamente e nervosamente nell’orgasmo il soddisfacimento della propria egoistica libidine. Qui invece si parla di due anziani viaggiatori della vita, da troppo tempo tristemente soli pur vivendo in due, i quali ritrovano la via di casa attraverso un abbraccio vivificante, e finalmente gettano via le ispide corazze difensive di pigiami, mutandoni, e maglie di lana per ricominciare ad abbracciarsi fino alla sazietà dicendosi l’un l’altro l’emozione che dà loro quest’intima fusione – spirituale più che carnale. Il contatto delle nudità è infatti l’unico mezzo per ritrovare con l’intimità e la complicità anche un nuovo contatto dei cuori.
Va da sé comunque che la parola platonico, o casto, per definire questo tipo di abbraccio, è usata in modo metaforico, essendo evidente che, seppure idealizzato, un tale abbraccio non può non suggerire e talvolta mimare quello molto simile dell’effettivo congiungimento sessuale. Questo abbraccio è quindi un atto sessuale volutamente limitato ai “preliminari” per circostanze contingenti o per la volontà di castità di uno o di ambedue gli interessati; ne è spia il caratteristico languore pre-sessuale che proverà chi sperimenterà la gioia del primo abbraccio ricambiato. Tuttavia questa implicita sfumatura erotica può essere molto utile quando la si veda come un preludio che “in ambiente protetto” lavori in favore d’un risveglio della sessualità e dell’amore.
E’ importante ricordare che anche quando si creda d’aver ricostituito una buona intimità, è necessario mantenere la pratica dei frequenti abbracci anche quando si è vestiti con gli abiti della quotidianità e indipendentemente dal seguito sessuale che essi possano avere, poiché il loro fine è essenzialmente lo scambio reciproco di certezze e sicurezze esistenziali, la riconferma insomma, anche se tardiva, delle antiche promesse di “amore eterno” ormai sfocate dal tempo o dimenticate. E’ perciò un ricupero che può avvenire anche al di fuori della sessualità, oppure essere il preludio di un piacevole inaspettato congiungimento, quando i partner avessero riconquistato la sufficiente confidenza.
Abbracciarsi nudi non è dunque una formalità rituale, ma una fonte da cui far scaturire tenerezza e calore di sentimenti; perciò insistiamo a raccomandarne la pratica regolare affinché diventi una simpatica abitudine, anche se talvolta può sembrare di non averne alcun desiderio: si vedrà con sorpresa che dopo aver fatto questo primo passo, anche se freddamente e con un piccolo sforzo di volontà, il piacere e la serenità che ne derivano saranno capaci di capovolgere ogni situazione che sembrava difficile o insanabile: le carni calde e accoglienti dell’altro possono fare il miracolo. Abbracciarsi nudi significa infatti mostrarsi al proprio partner spogli d’ogni sovrastruttura, riserva mentale, retro-pensiero, ombra, rancore, anfratto oscuro dell’animo; significa dire all’altro <eccomi tutto per te, leggimi dentro, voglio essere per te un libro aperto perché sei l’unica persona che valga la pena di amare sopra ogni cosa>; è insomma una nuova dichiarazione d’amore che rinnova con la consapevolezza della maturità la grande promessa d’amore fatta forse un po’ affrettatamente e incoscientemente all’inizio della vita in comune quando il sentimento era sopraffatto con prepotenza dalla fregola giovanile e dal bisogno di sfogarla.
Chi vorrà dunque provare questo semplice contatto d’amore, anche quando la routine, le incomprensioni, le difficoltà quotidiane e la stessa timidezza gli avranno spento ogni desiderio e chiuso ogni altra via di comunicazione procurandogli una triste sensazione di solitudine, resterà felicemente stupito nel riscoprire tutti i significati affettivi contenuti in questo gioioso atto anche se privo di sesso; ma non passerà molto tempo prima che ambedue sentano anche il risveglio del desiderio sessuale non appena la rinnovata familiarità col corpo nudo del partner abbia ridato loro la fiducia e la confidenza indispensabili per potersi abbandonare alle sue braccia amorose, una confidenza che forse qualche coppia non ricorda neanche d’aver mai provato. Troppi maschi infatti, anche nell’ora giovanile dell’amore, considerano inconsciamente la femmina come un “luogo” simbolico ove è socialmente legittimato lo sfogo egoistico di una libido di origine edipica che era proibito riversare sulla madre, e si dimenticano dei bisogni affettivi della loro compagna; d’altra parte anche troppe femmine accettano ancora come fatale la loro innata materna disponibilità verso il maschio-padre, contente della illusoria sensazione di sentirsi riamate.
Ben presto la coppia di anziani e meno anziani proverà il piacere squisitamente spirituale d’aver ritrovato, insieme all’intimità col corpo del proprio partner, l’antica complicità che seppur sopita non può non esistere ancora sotto la cenere. Per risvegliare e mantenere questo piacere, non si raccomanderà mai abbastanza di cercarsi reciprocamente e affettuosamente a tutte le ore possibili, anche con le proprie vesti, per donarsi senza timidezze abbracci e carezze. Come si è detto, dare amore richiama amore: ci si accorgerà che si è venuto a creare un circolo virtuoso, in cui l’intesa e la complicità si riflettono da un partner all’altro amplificandosi e modificando profondamente la vita insieme. Il piacere che se ne ricaverà non si spegnerà tanto facilmente durante la giornata; la coppia si sorprenderà addirittura a pregustare durante il resto del giorno il prossimo abbraccio come una ricarica di serenità e di ottimismo; nessuno vorrà più abbandonare la bella abitudine di stare la sera nudi e abbracciati per un po’ di tempo prima di dormire colmandosi di carezze e affettuose parole senza forzatamente sollecitarsi a rapporti più intimi, ma solo trasmettendosi attraverso le calde palpitanti nudità i segnali d’una reciproca presenza e d’un amore che credevano spento. Al calore intenso di quell’abbraccio si scioglieranno non solo il gelo accumulato negli anni ma anche i piccoli screzi e bisticci che possano essersi verificati durante la giornata; il cuore si aprirà alla tenerezza d’una nuova armonia e sarà gioia immensa aver ritrovato la vita e lasciato la solitudine. Il vecchio maschio rassegnato alla “pace dei sensi” ritroverà il piacere ancestrale di affondare il viso sul caldo ventre e le soffici mammelle della sua sposa, il piacere mai veramente dimenticato di tenere ancora la sua bocca e il suo viso sulla Grande Poppa della Mamma; mentre la sua sposa ritroverà il piacere in lei innato di dargli ancora con tale gesto simbolico il nutrimento materno del suo seno.
Vincere il ritegno
Il solo problema, per una coppia di anziani da tempo rassegnati al gelo dell’indifferenza, è che avranno ritegno a mostrare le proprie nudità a un partner diventato estraneo. Da troppi anni, pur dormendo nello stesso letto, hanno probabilmente evitato di avvicinarsi l’uno all’altro; oppure, se l’hanno fatto, è stato solo per una rara e quasi doverosa “sveltina” dopo avere appena scostato il pigiama o la camicia da notte, e poi ognuno s’è girato dall’altra parte. Qualcuno evita addirittura nella vita quotidiana di toccare il partner, farsi toccare, farsi vedere nudo, e ormai vive chiuso nella sua turrita intimità corporale come in un riccio.
Anche se questa è la situazione, non ci si deve mai scoraggiare. Se, dopo il lungo periodo di educata e fredda convivenza, l’iniziativa di attuare questo piano di ricupero parte da un solo coniuge senza averne parlato con l’altro, occorrerà ch’egli re-impari il corteggiamento, avvicinandosi al proprio partner con le modalità che aveva ormai dimenticato ma conducendo i primi approcci con molta cautela e gradualità in modo da non preoccupare, o quanto meno meravigliare, o addirittura spaventare, l’ignaro partner per l’insolito cambiamento di umore e di abitudini; comincerà quindi anche durante la vita quotidiana a mostrare il suo desiderio di una nuova intimità affettiva con graduali e delicate attenzioni e affettuosità, e forse dovrà fare questo training preparatorio con grande pazienza e per diverso tempo prima che il ghiaccio si sciolga e il coniuge accetti di farsi abbracciare nella sua nudità. Dovrà dunque prima di tutto ingentilire tutto il proprio comportamento e il proprio linguaggio, ad esempio mostrarsi benevolo anche se la compagna ha bruciato l’arrosto o il marito è stato sgarbato; aumenterà di giorno in giorno la pressione del corteggiamento, se possibile anche durante la giornata attiva, ma sempre rimanendo vestito affinché l’altro non sospetti ch’egli abbia dei secondi e non graditi fini. Ma è soprattutto il marito, che dovrà re-imparare a corteggiare la propria sposa, rendendosi conto che è stato probabilmente il suo comportamento trascurato e offensivo a farla disamorare. Si ricordi che non esiste alcun essere umano o animale, che non si ammansisca quando è fatto oggetto di attenzioni e manifestazioni d’affetto; a maggior ragione la donna, che è portata naturalmente a godere di ogni carezza, coccola, effusione amorosa.
Se il partner è disponibile al dialogo, si è già un passo avanti: si potrà infatti fin da principio affrontare l’argomento in modo aperto cercando di capire i motivi di una situazione così incancrenita ed esternando il proprio desiderio di cambiarla. Solo quando il partner si sia, pur meravigliandosi, abituato al piacevole cambiamento ed abbia cominciato ad ammorbidirsi accettando e ricambiando le affettuosità più esteriori, si potranno cautamente e gradualmente ripetere le carezze anche a letto, senza peraltro ancora osare di togliere pigiami o camicie da notte. A questo punto giova molto, anche se può far sorridere, l’uso di una coperta-scaldaletto elettrica, chiamata anche “scaldasonno”, da inserirsi fra il materasso e il lenzuolo, la quale, anche in case ben riscaldate, oltre a rilassare col suo tepore avvolgente tutte le tensioni muscolari e psichiche, facilita grandemente l’induzione di pensieri pre-erotici. In seguito, quando il partner-guida fosse ben sicuro delle reazioni dell’altro, potrà cominciare a insinuare le sue carezze sotto il pigiama senza più nascondere il proprio trasporto amoroso. Solo quando si riscontrassero reazioni positive, la seduzione si potrà considerare riuscita, e allora via pigiami e camicie da notte e avanti pure con l’abbraccio totale e appassionato delle reciproche nudità. Se poi cominciasse a comparire anche una reciproca eccitazione sessuale, si proceda pure ad azioni dirette e senza alcun limite, anche se spesso alcuni limiti saranno purtroppo imposti dalla precaria funzione erettile del maschio anziano.
Abbiamo descritto volutamente la procedura in un ipotetico caso difficile; è chiaro che nei casi di freddezze di minore entità si può saltare qualche passaggio, ma siate comunque cauti nell’andare troppo presto e con troppo entusiasmo “al sodo”, perché la velocità di eccitazione della femmina è in genere molto più lenta di quella del maschio ed è estremamente dipendente da un complesso di fattori e comportamenti squisitamente sentimentali che il maschio dovrà pure imparare a considerare e a gestire con un approccio decisamente “romantico”. Ciò potrà forse costare a qualcuno un piccolo sforzo di umiltà nell’adattarsi alle esigenze dell’animo femminile, ma anche il maschio più rude non se ne dovrà vergognare se vuole riconquistare l’amata; presto avrà modo di riconoscere che non ha perduto niente a re-imparare i comportamenti galanti o anche soltanto gentili, che aveva da fidanzato, perché ora essi lo aiuteranno a diventare l’amorevole e sollecito compagno che sua moglie aveva sempre desiderato. Tuttavia avvicinarsi al mondo dei sentimenti femminili non deve essere sentito come un tributo ipocritamente forzato, con l’unico fine di ottenere un momentaneo successo seduttivo, oppure essere addirittura sentito come disdicevole menomazione del vecchio modello di virilità, oggi ormai datato, secondo cui al maschio tutto è dovuto; dovrà invece diventare per gli uomini l’acquisizione di una dimensione più umana nello stile di vita e nella visione del mondo, come fosse una loro seconda natura. Sarebbe anzi utile a tutta l’umanità, se i maschi imparassero dalle loro madri e dalle loro spose la moderazione della propria innata aggressività e bellicosità per dedicarsi a più nobili scopi pacifici e creativi. “Fate l’amore e non la guerra” recitava una saggia e poetica esortazione di molti entusiasmanti anni fa; peccato, che non abbia avuto nel mondo il seguito che si meritava.
Si può infine aggiungere che nella coppia di anziani, cui l’età della pensione concede più tempo da dedicare l’uno all’altro, il risveglio della sessualità e dell’affettività suscitato dalle pratiche degli abbracci è molto facilitato. La maggiore maturità critica dovrebbe anche avere ridotto o eliminato le timidezze e i tabù che potevano ostacolare il recupero della confidenza e della complicità fra i coniugi; è possibile quindi che essi siano più disponibili ed anche più capaci di altri nel riguadagnare il tempo perduto.
Il preludio
Il “preludio” è lo stadio di passaggio cui ci auguriamo giungano tutti coloro che avranno provato la dolcezza dell’abbraccio rigenerante e sono sulla via d’una felice “guarigione”; si ricordi infatti che il raffreddamento dell’affettività in una coppia è da considerare come vera malattia, non come l’esito d’una fisiologica senescenza.
A un certo punto accadrà fatalmente che l’abbraccio delle reciproche nudità, con l’intenso calore affettivo trasmesso dal contatto epidermico, non sia più tanto “platonico”, ma cominci ad essere pervaso da brividi di piacere e si riaffacci alla fantasia e ai sensi dei protagonisti il desiderio di un contatto più intimo. Generalmente l’abbraccio è cominciato a letto quasi per gioco o per un saluto affettuoso della “buonanotte”; la posizione quindi più comune è quella di due coniugi che si sono avvicinati e abbracciati stando sdraiati su un fianco e intrecciando le gambe. A mano a mano che aumenta la confidenza e la disponibilità, aumenterà il desiderio d’un contatto ancora più intimo, ma già col semplice strofinio dei corpi si può trasmettere un’emozione molto forte; si possono ad esempio intrecciare le gambe, accarezzare e palpare le natiche, mettere una coscia fra le cosce del partner premendola eventualmente sui genitali, e quant’altro suggerisca la fantasia e procuri piacere. Se i coniugi non sono molto pesanti, possono abbracciarsi frontalmente stando distesi uno sopra l’altro; in tal modo l’aderenza dei corpi è massima e risulta facile anche per il maschio con problemi erettili quantomeno baciare la compagna sulla bocca, sul collo, sul petto, e infine evocare con grande efficacia l’atto del coito mimando col bacino i movimenti copulatori.
L’abbraccio frontale può anche facilmente trasformarsi in un eccitante abbraccio da tergo, il quale è più sostenibile anche da partner pesanti e dove il marito può aderire con tutto il suo corpo alla schiena e alle turgide natiche di lei e può facilmente baciarle la nuca, il collo, le spalle (tutte zone altamente erogene), mimando ancora i movimenti copulatori. La stessa posizione da tergo può essere eseguita restando sdraiati su un fianco, ove il marito ha anche tutto l’agio di palpare con una o ambo le mani le mammelle della compagna, e infine, se la disponibilità di lei lo permette, frugarle la vulva da tergo passando con la mano fra le natiche e le cosce. A questo punto il gioco diventa certamente più forte, e, se c’è sufficiente secrezione vaginale, il partner potrà aumentare ancora di più l’eccitazione della compagna addentrandosi nella vulva con le dita. Se l'abbraccio invece è cominciato in piedi e si è ottenuto il completo disgelo dei comportamenti, sarà molto eccitante carezzarsi vicendevolmente i sessi restando in quella posizione e, ove non fosse più possibile contenere il trasporto amoroso, lasciarsi cadere sul letto, certamente più accogliente.
Si resterà sorpresi per tutti i benèfici effetti che questa pratica erotica ha sull’umore e su tutti i comportamenti quotidiani; caduta infatti ogni barriera, riserva, crudezza dell’animo, essi si faranno sempre più morbidi e gentili, perché è biologicamente impossibile avere reazioni di insofferenza o tenere il muso con chi si è appena finito di abbracciare e si sta già attendendo con impazienza di riabbracciare. Inoltre, la ritrovata intimità farà automaticamente risorgere l’esigenza di apparire al proprio partner anche fisicamente gradevoli, e invoglierà quindi a curare di più l’aspetto e l’igiene della persona oltre che il proprio abbigliamento; ambedue eviteranno di emanare acri afrori o irrorarsi di forti profumi, e le mogli di spalmarsi di creme e maschere di bellezza che a loro sembrano emanare un gradevole profumo ma che disturbano il partner per la loro grevità lasciando per di più un sapore terribile sulla bocca quando si bacino le zone ove sono state spalmate. Esse non dovranno mai dimenticare che l’erezione dei loro maturi mariti è generalmente debole e fugace e si può spegnere alla minima sgradevolezza o contrarietà; dovranno quindi astenersi dalle creme o adottarne di non profumate, e usare ogni altro profumo in modo così parco da essere appena percettibile anche da un naso che sfiori la loro pelle. Per essere gradevole infatti, un profumo non deve ferire l’odorato né prevalere sull’odore naturale della persona, ma fondersi delicatamente con esso. Una parola di condanna va spesa anche per la moda femminile di depilarsi le ascelle, privando l’uomo di quell’eccitante carattere sessuale secondario costituito dal ciuffo di peli evocante prepotentemente quello del pube. Una coppia che provi piacere anche solo a guardarsi ed annusarsi quando è vestita con gli abiti quotidiani, vedrà aumentare l’autostima e la fiducia dell’uno nell’altro, e con questa si manifesterà automaticamente anche una più sana e serena visione della vita e del mondo.
Donare piacere
Un principio generale, cui peraltro pochi maschi si attengono ma che l’anziano deve avere assolutamente in mente, è che dovrà donare piacere alla propria compagna piuttosto che riceverne: colmandola di attenzioni affettuose ecciterà eroticamente non solo la compagna ma anche se stesso. La sensibilità erotica della femmina non si concentra sugli organi genitali così velocemente come nel maschio, ma, essendo diffusa praticamente a tutta l’epidermide, l’eccitazione è più lenta a instaurarsi ed anche più lenta a dissolversi, quindi il maschio dovrà dedicarle le proprie carezze non solo durante la seduzione e durante il preludio stimolando le sue parti più erogene, ma dovrà imparare a dilungarsi con amorose carezze anche nel postludio, seppure fosse già sazio per una recente eiaculazione; così facendo, farà sentire ancora alla compagna, la cui eccitazione sta dissolvendosi molto più lentamente, specie se non è stata coronata dall’orgasmo, tutto il suo amore e la sua gratitudine per il piacere che gli procura il solo fatto della sua esistenza, e per non farle venire il sospetto d’essere stata sedotta ed usata solo per soddisfare un bisogno fisiologico. Non c’è niente di più frustrante per una donna che vedere il proprio partner voltarsi dall’altra parte e mettersi a dormire subito dopo l’eiaculazione, mentre lei non ha potuto raggiungere con l’orgasmo la completa soddisfazione.
Purtroppo la persistenza di gravi disfunzioni erettili produce nel maschio una sindrome depressiva che si manifesta con le reazioni più imprevedibili, che vanno dalla chiusura a riccio in se stesso al rifiuto dei più elementari contatti con la compagna, fino all’aggressività e spesso all’alcolismo. Il maschio, una volta fiero della propria virilità, ora si sente menomato per sempre; non è affatto un’esagerazione retorica dire che egli si sente “colpito al cuore” oltre che “nell’onore mascolino”. Deve comunque sapere che il comportamento più errato in cui egli può incorrere è il rifiuto d’ogni contatto anche semplicemente affettivo con la compagna, isolandosi nel proprio sentimento di vergogna per quella ch’egli ritiene una sconfitta, uno stato d’animo che lo porta infine ad una triste solitudine; invece di avere fiducia nella comprensione della sua compagna e nel suo aiuto, egli si allontana sempre più dalla di lei innata, materna, disponibilità femminile. Spesso non sa, o non osa, neanche chiedere aiuto ai medici, mentre essi potrebbero fare molto anche nei casi che sembrano disperati; egli accetta insomma rassegnato la sconfitta, ritenendola fatale e irreparabile ma soprattutto voluta dalla Natura. Eppure il suo disturbo, anche il più grave, non può essere guardato come una malattia castrante al punto da abolire il piacere di un’attività sessuale anche se ridotta: l’immaginario erotico del maschio e la stessa sensibilità dei suoi genitali sono infatti quasi intatti, e se egli avesse mantenuto con la compagna la confidenza e la fiducia che dovrebbe esistere in ogni coppia, egli potrebbe godere d’una illimitata e felicemente corrisposta vita sessuale. Anche se manca l’erezione, infatti, la compagna potrebbe ricambiare con carezze al pene e ai testicoli il piacere che il partner le procurasse con le sue generose stimolazioni; ma veramente molte sono le alternative alla penetrazione vaginale di cui egli potrebbe fruire, se solo riuscisse ad aprire umilmente il suo cuore alla sposa e a spiegarle i propri problemi, soprattutto la propria debolezza.
Eccoci giunti ad un altro importante principio, che egli dovrà accettare e seguire non con rassegnazione ma con gioia: per chi ha gravi disfunzioni erettili, la possibilità di eccitarsi e di provare piacere sarà d’ora in poi prevalentemente dipendente dal piacere che egli saprà donare alla sua compagna, la cui potenza ed eccitabilità, contrariamente a quanto si crede, non si esaurisce neanche con l’età più avanzata, se non è viziata da remore e timori moralistici; scoprirà allora che il solo fatto di sentir salire in lei l’eccitamento indottole dalle sue manipolazioni si riflette su di lui per via cerebrale eccitandolo a sua volta. Salvo infatti disfunzioni organiche o remore moralistiche, non esistono donne frigide, bensì donne educate ad aver paura del piacere sessuale e soprattutto donne che il compagno ha trascurato da tempo o che non è capace di eccitare, vuoi per insipienza, egoismo, impazienza, o mancanza di gentilezza e di tatto. Cura del partner sarà quindi di rimuovere in lei con amorosa pazienza gli ormai inveterati ostacoli psicologici e scoprire le carezze e le stimolazioni a lei più gradite capaci di eccitarla; dovrà anzi raddoppiare tali attenzioni, se già sa di non poter dare alla sua donna il motivo per lei più forte di eccitazione, cioè la vista e il contatto con un pene duro ed eretto. Tuttavia, se egli si concentrerà sulle molte altre possibili stimolazioni alternative, scoprirà presto che niente gli darà più piacere quanto sentire i sospiri e i fremiti della compagna eccitata e forse anche le grida dell’orgasmo che lui le avrà provocato anche senza una vera e propria penetrazione.
Sessualità e affettività
L’affettività dell’essere umano passa dunque attraverso la sessualità? Ebbene sì, dato che fin dai primordi la Natura ha fatto della costante disponibilità sessuale della femmina il mezzo per tenere il maschio legato a lei in vista dell’allevamento dei figli. Tuttavia nell’Uomo evoluto di oggi tale legame non può mantenersi a lungo e diventare cooperativo esclusivamente col sesso, se questo non è sostenuto e guidato dalla gioia di sentirsi amati e desiderati come persona, cioè dall’affetto. Un arguto adagio citato dai sessuologi è che “il sesso non si fa con quello che si trova fra le gambe, ma fra le orecchie”, significando con questo quanto la sessualità abbia origine nel cervello, sia cioè strettamente legata all’affettività, che è un complesso intreccio di fattori carnali, pensiero, e sentimenti.
Il segreto d’una vita felice risiede allora anche nella volontà ragionata e consapevole di amare, cioè coltivare questo intreccio di sessualità e di sentimenti; la volontà di amare è sempre congiunta alla saggezza di gioire per i doni che l’altro ci offre, più che soffrire per gli aspetti che ci dispiacciono. Se si seguirà questa massima, man mano che con l’età crescono anche maturità e tolleranza si riuscirà a vedere soltanto il dono meraviglioso che l’altro ci ha dato con la sua presenza fedele e costante e la capacità di emozionarsi ed infiammarsi ad ogni nostra carezza fino all’età più avanzata; si finirà insomma per accorgersi di essere ancora profondamente innamorati e di provare gioia e desiderio anche al solo pensiero delle affettuosità appena trascorse e di quelle a venire. In certi periodi felici può accadere perfino il miracolo di fare all’amore con la propria moglie anche più di una volta al giorno e in tutti i modi fisicamente e affettivamente possibili perfino nell’estrema vecchiezza, se il marito rinuncia volontariamente all’eiaculazione o gli manca la possibilità di arrivarci. L’amore infatti non si fa solo con l’atto sessuale del coito: mille sono i modi con cui anche un vecchio può far sentire alla propria donna che essa è ancora desiderabile e gioirne insieme, ed è cosa certa che sentirsi anche fisicamente desiderati alimenta il circolo virtuoso di un reciproco e felice amore permanente. Infatti, dopo aver vissuto insieme per tanti anni, quasi certamente non ci si accorge neanche dei segni fisici della vecchiezza che affliggono il nostro partner: la sua immagine ci appare uguale e costante nel tempo, se questi non si è trasformato in una persona repellente per aver trascurato la cura del proprio corpo o essersi riempito di cibo. Anche le rughe e le modeste deformazioni del corpo non vengono percepite negativamente se c’è questa ondata d’amore: esse infatti appartengono alla persona amata, quella che ci dà la gioia di vivere, sono parte integrante dell’unità di corpo e spirito che la sostanziano, agli occhi del partner sono quindi cariche di un valore affettivo che le trasfigura.
Se tuttavia accadesse che il nostro partner fosse colpito da grave bulimia o anoressia, tale da deformarne profondamente le fattezze, ciò sarebbe un preoccupante segnale di sofferenza affettiva e isolamento, un male da curare al più presto con la nostra sollecitudine, più che con medicamenti; nessuna donna infatti corteggiata e desiderata si sentirà mai isolata e trascurata, né si trasformerà mai in una “botte”. Così, con l’aiuto d’una compagna in cui le nostre tenerezze abbiano lusingato la vanità e risvegliato vogliosità forse sopite, si scopriranno i mille modi di procurarsi reciproco piacere e i mille modi in cui anche un pene dall’erezione difettosa possa riuscire, con un po’ di buona volontà e la gioia di tutti, ad essere introdotto in vagina, anche se non sempre ciò sarà sufficiente a raggiungere l’eiaculazione; ma anche se la penetrazione non fosse possibile, che importa, se questa ondata d’amore ci stimola e appaga, ma soprattutto stimola e appaga la propria amata facendole rivivere in altri modi perfino i travolgenti orgasmi dei tempi passati?
Nondimeno, non è indispensabile che il marito si sforzi a tutti i costi di procurare l’orgasmo alla sua compagna; talvolta può succedere che l’eccitazione di lei non sia massimale e non arrivi all’orgasmo, come è pure possibile che anche da giovane abbia avuto qualche difficoltà a raggiungerlo: ciò non deve indurre il marito a credere che il proprio approccio non sia stato gradito; è tempo anzi di sfatare la credenza odierna, quasi una moda, che la donna debba avere sempre e necessariamente un orgasmo, poiché anche solo una forte eccitazione può essere sufficiente ad appagarla. La sua potenza sessuale e la sua capacità di eccitarsi non declina né con la menopausa, né con l’avanzare dell’anzianità; perché allora non coltivare e gratificare come si merita il bellissimo, misterioso fiore della femminilità che con tanto amore ci è stato donato, anche se l’uomo è colpito da disturbi erettili ma avrà finalmente vinto la vergogna e la frustrazione che finora lo affliggeva? Ciò che occorre in questi casi è solo guadagnare l’incondizionata reciproca fiducia e confidenza fra i coniugi, da cui scaturiranno per via naturale comprensione e disponibilità; qualità che non mancano alla donna-femmina che, se amata e desiderata, è un vero immenso vaso d’amore.
Chi ne è generalmente sprovvisto è invece proprio il maschio, tutto chiuso nel castello di vetro di quella fragilissima genitalità ch’egli aveva fino allora idolatrato e sbandierato con sicumera, ed il cui senile declino ora lo spaventa, disonora, umilia, inducendolo a ritirarsi davanti a una moglie potenzialmente ancora vogliosa, o addirittura a respingere i suoi slanci anche d’affetto, infliggendole la frustrazione del disamore: lui ha ormai deciso di considerare lei come un’estranea, al massimo come una socia in una tristissima azienda-famiglia, e teme le intimità sessuali che gli causano solo umiliazione; così si raggomitola come un riccio nel suo ego spinoso e per paura di complicazioni evita anche le più elementari manifestazioni d’affetto della compagna; la quale dopo le prime frustrazioni non ci prova più e anche lei si ritira rassegnata nella sua solitudine.
Non si immagina quanto sia alto il numero degli uomini di mezz’età che mostrano un tale comportamento. Lo psicologo affermerà che qualcuno giunge a questo perché l’anzianità della moglie gli ripresenta davanti agli occhi la figura della madre e il fantasma dell’incesto, ma il risultato purtroppo è lo stesso: ai primi segni del proprio declino, l’imprudente maschio di mezz’età, vuoi per esorcizzare tale fantasma, vuoi per restaurare la propria sessualità, si illude che una partner più giovane e sessualmente più attraente sia l’unica medicina efficace, tentato anche dalla facile presa che ha ora la sua capigliatura brizzolata; in questo modo è fatale ch’egli vada incontro alla rovina della propria vita e della stessa sua nuova amante, oltre che della propria famiglia; non sospetta che, anche a prescindere dall’azione usurante della vita quotidiana, in capo a qualche mese di eccitante convivenza sarà la giovanile superficialità affettiva di lei – unita all’inevitabile gelosia di lui per le avance dei giovani rivali sessualmente più potenti – a far sorgere nell’incauto molto probabilmente l’ansia da prestazione o a lungo andare gli stessi problemi di erettilità che aveva con la vecchia moglie; oltre ai nuovi problemi che sopravverranno a causa della differenza di età e cultura, ed a quelli ancora più terribili legati allo sconquasso della vecchia famiglia.
Come vivere la sessualità
Nell’anziano la sessualità presenta una caratteristica nuova, impensabile nell’età giovanile: la penetrazione in vagina non ha più il valore di un’urgente soddisfacimento della libido, ma il valore, anzi il coronamento, della comunicazione affettiva; anche la semplice introduzione del pene, senza movimenti copulatori, è per la coppia di coniugi la potente conferma amorosa di cui hanno bisogno. Questo è alla portata anche del vecchio con gravi disturbi erettili, in quanto è spesso possibile, umettando la vulva con gli appositi gel o con molta saliva, riuscire a farvi scivolare il pene anche se poco più che molle, reggendolo col palmo della mano mentre il pollice e l’indice della stessa possono contemporaneamente individuare ed aprire l’imboccatura della vagina e quindi premerlo nella giusta direzione. Una volta penetrato, esso verrà stretto dall’anello muscolare che si trova subito oltre l’orifizio e che, strozzando alla radice del pene la circolazione del sangue, ne provocherà spesso un discreto inturgidimento, tale da impedirgli di uscire e permettergli anche dei cauti movimenti copulatori; ovviamente lo scivolamento in vagina sarà facilitato nelle donne che abbiano avuto figli, non essendo generalmente più necessario forzare la strettoia dell’anello muscolare sfiancato dai parti, ma sarà però diminuita l’azione costrittiva sul pene; a questo inconveniente tuttavia potrà in parte ovviare la donna unendo le cosce e stringendo con esse il pene.
Non bisogna sgomentarsi se tutte queste manipolazioni possono sembrare poco naturali o antiestetiche: quando si è raggiunto il grado di confidenza e intimità cui si deve a tutti i costi tendere, tutto apparirà naturale, anche la sola introduzione di un pene quasi molle in vagina, ovviamente immobile perché il moto di va e vieni ne potrebbe provocare l’uscita. La cosa meravigliosa che spesso può accadere anche in queste precarie condizioni è che la compagna abbia un vero orgasmo, perché questo atto poco più che simbolico verrà percepito da lei come un vero dono, una prova estrema d’amore: il suo uomo ha superato per lei tutti gli ostacoli ancestrali dell’orgoglio, dell’umiliazione e della vergogna, che accompagnano necessariamente la sua impotenza, e si è donato totalmente a lei con la fiducia di un bambino. Quando ciò accade, è facile verificare quanto poco conti la meccanica dell’atto sessuale e gli stessi organi sessuali, e quanto il sesso risieda soprattutto nel cervello: “fra le orecchie”, come dicono i sessuologi, ma noi vorremmo dire piuttosto “nel cuore”.
Bisogna tuttavia sempre ricordare che nell’anziano l’erezione, quando pure sia raggiunta in misura sufficiente, non solo è molto lenta a manifestarsi ma è anche molto fugace e può essere annullata dal minimo agente disturbante o dalla minima difficoltà, sia oggettiva che psicologica; è importante quindi porre molta attenzione affinché tutte le condizioni ambientali, anche le più banali quali il letto, le luci, gli odori, le coperte, la posizione del partner ecc., siano le più favorevoli e non creino impedimenti meccanici o psicologici al momento della penetrazione. Particolare attenzione bisogna porre nell’accingersi a questa solo quando vulva e vagina siano ben lubrificate e quando si sia ben sicuri di aver raggiunto un’erezione sufficiente; spesso infatti per l’anziano non è facile “sentire” il grado di turgore del proprio pene quando esso si trova nello stato di mezza erezione e la compagna lo sta masturbando; può accadere che il piacere provato per queste manipolazioni lo inganni circa lo stato reale dell’erezione, quindi è sempre consigliabile accertarsene personalmente, oppure affidarne la valutazione alla compagna. E’ necessaria molta attenzione anche nel trovare il più rapidamente possibile l’imboccatura della vagina divaricandone con due dita l’orifizio ben lubrificato, altrimenti il disappunto che consegue alla difficoltà di penetrare in una vulva semichiusa per mancanza di lubrificazione, oppure offerta con le gambe insufficientemente divaricate, può rapidamente ridurre a zero un’erezione già parziale; per questo è essenziale che la donna si disponga con accuratezza nella posizione più adatta. Anche i peli del pube intorno al pene e alla vulva è bene che non siano tenuti così lunghi da venire trascinati dentro la vagina ove possono procurare sgradevoli e dolorose sensazioni in grado di annullare l’erezione.
Nonostante tutto, una volta introdotto in vagina, il pene si può considerare “al sicuro” in quanto l’esaltante percezione della penetrazione e del successo ottenuto hanno un effetto psicologico positivo di retro-azione (feed back) capace di accrescere o quanto meno mantenere per un po’ l’erezione. Raramente tuttavia ci si può attendere che nell’anziano questa duri a lungo, se non vi è un sostegno farmacologico o ormonale (vedi capitolo seguente). E’ pure doveroso avvertire che anche quando la penetrazione fosse riuscita, seppure con una mezza erezione, difficilmente questa è sufficiente a scatenare l’eiaculazione. Si scoprirà tuttavia che ciò risulta perfino vantaggioso ai fini del recupero della sessualità della coppia, in quanto, lungi dal produrre in lui frustrazione, gli permette di prolungare il rapporto sessuale abbastanza da fare arrivare la compagna all’orgasmo, e inoltre conserva in lui per lungo tempo un residuo di eccitazione utilissima a mantenere vive le sue manifestazioni di affetto-desiderio così gradite alla compagna.
Ma anche chi ha disturbi così gravi da non riuscire in nessun modo a ottenere la penetrazione, ha a disposizione infiniti giochi atti a procurare piacere, carezzando e baciando ogni anfratto del corpo della compagna e facendole vibrare tutti i sensi disponibili che la natura le ha dato e che la maturità dovrebbe avere ormai affinato; anche la donna più timida sarà ormai probabilmente liberata da inibizioni, remore morali e tabù, e avrà parte attiva nello scambio di piacere. Lo stesso bacio sulla bocca, mimando il contatto profondo con le mucose vaginali, può in qualche modo surrogare una penetrazione vaginale non riuscita assumendone per il maschio almeno il significato, se non l’intensità. E’ anche tempo di sfatare l’antica credenza della secchezza della mucosa vaginale nella donna anziana: quando essa si sente amata, la sua fisiologia le permette sempre, seppure non così prontamente come da giovane, di avere abbastanza lubrificazione per essere penetrata; allora è sufficiente eccitarla bene umettando di saliva o di gel le piccole labbra della vulva, se sono chiuse, per farvi scivolare gradualmente un dito con delicati strusciamenti in modo da stimolare contemporaneamente il clitoride e l’orifizio vaginale; quando la donna sia abbastanza eccitata, si scoprirà che una provvida secrezione vaginale fuoriesce in modo sufficiente a lubrificare anche le piccole labbra facilitando l’entrata del pene o del dito. Non è superfluo raccomandare in queste manovre la massima pulizia delle mani e il taglio corto delle unghie, perfettamente limate e smussate.
E’ necessario infine avvertire che i problemi di erezione nell’anziano sono quasi sempre sintomo di arteriosclerosi in atto nelle arterie del pene e quindi il segnale che essa possa essere estesa pericolosamente ad altre arterie più importanti per la vita stessa. Si raccomanda quindi di fare ogni tanto controllare ecograficamente la circolazione anche in altri distretti del corpo e probabilmente assumere farmaci per tenere a bada il colesterolo e inibire la formazione di coaguli (trombi).
Protesi falliche e rimedi farmacologici
Chi considera che soddisfare la propria compagna valga più dell’imbarazzo cui si dovrà sottoporre entrando in un Sexy-shop, potrebbe scegliere una protesi fallica nel grande assortimento di misure, forme, e materiali che vi è esposto; vi sono quelle munite di una leggera cinturina, da applicare intorno alla vita per mantenere la protesi aderente ai genitali; quelle fornite addirittura d’un vibratore incorporato e regolabile, collegato per mezzo d’un cavetto ad una batteria esterna. Ambedue le varianti non sono consigliabili, tali macchinerie essendo di solito malviste dalle consorti perché fredde, artificiose e spoetizzanti, e d’altra parte anche il maschio può provare vergogna a farsi vedere dalla moglie così bardato; quindi a chi vuole adottare questa soluzione consigliamo di ricorrere ad una protesi semplice e senza cintura, di calibro normale piuttosto che grosso; i calibri esagerati infatti, in barba a tutte le leggende circolanti fra i maschi, danno fastidio alla donna specie quando l’età abbia ridotto l’elasticità e la lubrificazione vaginale.
Alla radice della protesi deve esserci una cavità di grandezza tale da potervi introdurre il pene anche se flaccido, come in una sorta di preservativo. Per le prime volte tuttavia si consiglia di introdurre in vagina la protesi ben lubrificata spingendola lentamente solo con la mano, senza applicarla sul pene, così da poterne controllare l’effetto e le eventuali reazioni di disagio sulla compagna. Finché ella non abbia fatto l’abitudine a questo attrezzo, che comunque percepisce come innaturale, consigliamo di tenerlo nascosto sotto il cuscino, e di riscaldarlo fra le proprie cosce durante i preliminari, tirandolo fuori solo al momento della massima eccitazione della compagna in modo da ridurre la visibilità di tutte queste manovre spoetizzanti. Se tutto è andato bene la prima volta, si può “indossare” la protesi come fosse il proprio membro e, sorreggendola col palmo della mano (non è infatti fissata col cinturino), introdurla cautamente in vagina; l’uomo, spingendo col pube, ha veramente l’illusione di una penetrazione col proprio pene, dato che questo si trova nello speciale alloggiamento e percepisce ogni più piccola pressione meccanica.
Una volta introdotta la protesi, le spinte del pube sono spesso sufficienti a provocare nella donna eccitata un orgasmo; il problema sorge invece quando si vogliano eseguire veri e propri movimenti copulatori di avanti e indietro (che tuttavia sconsigliamo nel caso di vagine anziane con scarsa elasticità e lubrificazione) perché durante il moto all’indietro il pene vero uscirebbe dal suo alloggiamento, mentre la protesi resterebbe in vagina. A questo inconveniente tuttavia è possibile ovviare agevolmente con l’escamotage di trattenere con due dita la protesi per tutta la durata dei movimenti di va e vieni, in modo che il pene resti aderente alla protesi dentro il suo alloggiamento anche durante il movimento all’indietro. Se la donna tuttavia è molto eccitata i movimenti copulatori non sono indispensabili, perché anche le sole spinte del pube sulla protesi ben ferma in vagina sono spesso sufficienti a farla arrivare all’orgasmo o quanto meno a darle forte piacere.
Tutto questo sembra a prima vista una situazione complicata e difficile da gestire; eseguire i movimenti copulatori trattenendo con la mano la protesi ben aderente al proprio pene può sembrare un’arte da prestigiatori, ma con un po’ di buona volontà e di pratica apparirà di gran lunga superiore, rispetto alla macchinosità di altre protesi munite di cinturino. La sua carta vincente è la semplicità e il fatto di poterla indossare e togliere molto facilmente senza dare troppo nell’occhio, oltre alla possibilità di frugare nella vulva con le dita della mano che sorregge la protesi: con un po’ di abilità l’operazione sarà inavvertibile e non frenerà l’eccitazione della compagna, dando al maschio in poco tempo l’illusione di essere l’attore della penetrazione e del di lei orgasmo. Non è neanche escluso che il pene inserito nell’alloggiamento abbia infine inaspettatamente un’erezione e stia per eiaculare dentro la stessa protesi; in questo caso è facile toglierla rapidamente dalla vagina e sostituirla col proprio pene. Ribadiamo la raccomandazione di non lasciarsi tentare dall’acquisto di una protesi più grossa del proprio pene, perché potrebbe dare molto fastidio alla donna, se non addirittura dolore; anche una relativa morbidezza ed eudermicità del materiale dovrà essere tenuta in considerazione prioritaria durante la scelta, dato che molte protesi sono innaturalmente rigide e dure. Mai come nella vecchiaia vale la grande verità che l’amore è dono reciproco; e quale piacere può essere più forte del donarsi amore e comprensione ad ogni istante e con ogni mezzo, anche artificiale?
Se la disfunzione erettile è grave ma non totale, si possono anche provare i rimedi farmacologici oggi molto efficaci nel dilatare le arterie del pene che portano il sangue ai corpi cavernosi, tipo Viagra e derivati, tuttavia non sarà possibile aspettarsi altro che un piccolo aiuto, generalmente inadeguato a compensare gli sgradevoli effetti secondari quali un lungo mal di testa e l’abbassamento della pressione arteriosa. Da tenere assolutamente presente è inoltre la loro pericolosa incompatibilità con i farmaci coronarodilatatori, nel caso che se ne faccia uso per proteggersi dal rischio d’infarto. Solo comunque facendo delle prove si potrà decidere ciò che più conviene.
In caso di totale mancanza di erezione, è però sempre consigliabile, se non doveroso, rivolgersi all’andrologo, al sessuologo, o anche all’urologo, per una seria diagnosi che necessiterà di un certo numero di esami, fra i quali un’ecografia del pene (Eco-Doppler), decisiva per verificare la pervietà delle arterie nel caso si sospettino ostruzioni da arteriosclerosi, Un altro test semplice ma significativo è la risposta ad una piccola iniezione di prostaglandina sul corpo del pene (niente paura: è fatta con un ago corto e finissimo), il quale dovrebbe in breve tempo diventare duro ed eretto. Ma è anche possibile farsi da soli un’idea approssimativa del proprio “stato di salute” in base ai sintomi riscontrati, che sono la presenza o no di spontanee erezioni notturne e mattutine, e la sussistenza o no di sogni erotici con polluzioni notturne. Nei casi infine di totale impotenza a causa di interventi chirurgici radicali alla prostata e distruzione dei nervi predisposti all’erezione, il medico potrà sempre consigliare la suddetta iniezione praticamente indolore di prostaglandina, che lo stesso paziente può fare da sé nel corpo del pene poco prima del rapporto sessuale.
Nell’anziano con climaterio avanzato, se le arterie risultano in ordine relativamente all’età, una concausa dell’impotenza è quasi sicuramente l’insufficienza ormonale che può rendere vano ogni rimedio, dato che mette a tacere il motore principale, che è il desiderio sessuale. In questo caso l’urologo o l’andrologo prescriverà una cura di 50-100 mg di testosterone per iniezione intramuscolare una volta la settimana o ogni due, oppure un cerotto al testosterone da applicare sulla pelle. Quest’ormone può fare veramente miracoli nel migliorare lo stato generale e restituire interamente o parzialmente la funzione erettile ma soprattutto il desiderio sessuale; quest’ultimo è certamente l’effetto più importante, dato che è il punto di partenza per la riscoperta dell’intimità e la riattivazione dell’affettività. Il desiderio, anche in assenza di un’erezione sufficiente, è indispensabile per trasformare un uomo spento in un uomo vivo e attivo, interessato a trasmettere il suo desiderio alla compagna. Ovviamente è naturale che l’eccitazione di lei e il desiderio di essere penetrata si attivi di norma quando percepisce l’indurimento del pene; ma il risveglio del suo desiderio dipende soprattutto dalle mille attenzioni e comportamenti seduttivi che il partner sarà in grado di mettere in atto quando è acceso dalla libidine. Più che l’erezione, è dunque la riaccensione della libido maschile il fine più importante da raggiungere con qualunque mezzo, se si vuole risvegliare in entrambi una sessualità e un’affettività spenta o assopita.
Il mezzo principe dunque per il risveglio del desiderio maschile è una cura di testosterone, consigliabile anche se il tasso ematico di quest’ormone risultasse molto basso ma al limite della norma: è incredibile l’effetto che esso può avere nel riaccendere la libido, anche se non è consigliabile insistere con questa cura per più di qualche mese a causa di una presunta possibile azione cancerogena sulla prostata; una cura di un mese o due è comunque considerata innocua, mentre l’effetto di innesco della libido serve a far ritrovare al maschio quanto meno l’orgoglio del desiderio quasi dimenticato e a fargli capire quanto fosse fuori luogo credere d’avere raggiunto la pace dei sensi.
L’innesco del desiderio sessuale costituisce dunque un effetto “frustata” che può essere impiegato anche solo “una tantum”, ma che si ripercuote immancabilmente sull’affettività mantenendola per lungo tempo anche dopo l’interruzione del testosterone e l’esaurimento dell’azione ormonale. Nulla vieta comunque di ripetere la cura se dopo un congruo lasso di tempo se ne sentisse il bisogno, ma è bene evitare dosi eccessive e frequenti ripetizioni anche perché non sempre può essere gradevole per la moglie avere addosso un marito che la tampina giorno e notte come un mandrillo. E’ importante ricordare che per suscitare e mantenere un effetto positivo sull’affettività non è necessario che il risveglio del desiderio e dell’attività sessuale duri per tutto il resto della vita; anche una riattivazione del desiderio di solo qualche settimana risveglia potentemente l’affettività, che è poi capace di mantenersi da sola e per lunghissimo tempo anche dopo la diminuzione o cessazione dell’attività sessuale vera e propria, rendendo la convivenza dei coniugi incredibilmente più affettuosa e vivace.
Anche nella donna può essere utile una cura ormonale, naturalmente di ormoni femminili, per ripristinare la secrezione vaginale in caso fosse molto diminuita; si tratta anche in questo caso di un piccolo cerotto adesivo da applicare sulla pelle, il quale cede lentamente la giusta quantità di ormone, oppure di una crema da introdurre in vagina. Quante coppie dunque, che adesso sprecano il loro tempo inacidendo davanti alla televisione senza neanche guardarsi, potrebbero utilizzarlo meglio se almeno il marito si decidesse a ricorrere alle prescrizioni dello specialista per una semplice ma efficacissima cura ormonale, oltre a tutti i farmaci oggi disponibili per tornare ad essere quanto meno un delicato ma appassionato e convincente seduttore! Infiniti sono i modi per sentirsi vicini e trasmettere affetto e tenerezza con carezze amorevoli od anche solo tenendosi per mano.
Un altro argomento da chiarire all’anziano è il timore che l’eccitazione sessuale possa provocare ictus o infarti. E’ vero che l’attività sessuale è accompagnata da un aumento della pressione arteriosa, ma tale aumento può essere molto modesto se si usano le dovute attenzioni. Non c’è bisogno di raccomandare all’anziano di lasciare ai giovani il divertimento del Kamasutra: egli ha ben altri intendimenti che la sfrenata ricerca del sesso puro. E’ chiaro che le persone a rischio, con storie di infarti, ictus, alta pressione e malattie cardiache, faranno bene a limitarsi ad un “sesso leggero” o anche solo a giochi di masturbazione reciproca; ma non sarà necessario che si privino di una moderata attività sessuale se faranno attenzione agli sforzi eccessivi, soprattutto a quello di voler raggiungere ad ogni costo l’eiaculazione quando essa non venga facilmente da sé in via del tutto naturale: il grande impegno energetico richiesto potrebbe infatti elevare la pressione arteriosa fino a livelli pericolosi. Non è comunque difficile autoregolarsi; una spia che segnala il raggiungimento di tale livello, e quindi la necessità di fare “macchina indietro”, può essere ad esempio il sopravvenire di grande affanno e di smodata sudorazione.
Tuttavia non sarà mai abbastanza ribadito che nel maschio anziano, desideroso soprattutto di un profondo contatto con la sua sposa, l’eiaculazione è un lusso, dato che non aggiunge nulla al vero piacere della penetrazione e del soggiorno del pene in vagina anche senza movimenti copulatori; a quest’atto ci si può tranquillamente dedicare perché non richiede investimento d’energia, mentre è ricco di alti significati etico-sentimentali. Si ricordi anzi che non riuscire a raggiungere l’eiaculazione, col relativo conseguente spegnimento del desiderio, è forse più un bene che un male: senza l’orgasmo, permarrà per lungo tempo un benefico stato di semieccitazione cerebrale molto utile a mantenere un caldo rapporto affettivo; ma di ciò si parlerà nel capitolo successivo.
Lo stato permanente di eccitazione
Nella vecchiaia l’eccitazione sessuale può durare piacevolmente quasi più che in gioventù, dato che ora manca l’ansia giovanile vorace e irruente dell’eiaculazione e dell’orgasmo, che chiuderebbero bruscamente la fonte del piacere. Questa brusca caduta del piacere dà luogo ad un periodo refrattario più o meno lungo, che in una formula del diritto canonico suona come “tristezza post-coitale” e durante il quale ogni stimolazione erotica non solo è priva di effetto, ma può risultare addirittura molesta. Nell’anziano, soprattutto maschio, tale periodo refrattario è molto più lungo, talvolta giorni o settimane, e spesso è accompagnato da malumore e accentuata reattività, stati d’animo che possono rallentare e ostacolare proprio quel processo affettivo che si voleva riattivare. Per questo motivo si è detto che per l’anziano può essere paradossalmente un bene non riuscire ad avere eiaculazioni, perché proprio la diminuita potenza sessuale può rendere la sua vita erotica quasi più interessante di quando era giovane e stressato dagli impegni lavorativi. Mentre infatti nel giovane il desiderio e l’affettività sono mantenuti alti dalla maggiore frequenza dei rapporti sessuali e degli orgasmi, data la brevità del periodo refrattario che segue ad ognuno di essi, nell’anziano con problemi di erezione è proprio la sua scarsa capacità di appagarsi con l’eiaculazione a lasciargli per tutta la giornata un piacevole continuo desiderio che si manifesterà con un più attento corteggiamento della compagna e più intense effusioni sensuali. Lo stesso discorso vale in parte anche per la femmina, seppure in misura minore data la sua maggiore potenza.
Talvolta può essere addirittura utile al mantenimento del desiderio e dell’affettività anche trattenere volontariamente l’eiaculazione, come insegna da secoli la sapienza induista. L’intento è prolungare la “sessione” amorosa e non disperdere inutilmente il seme, una saggia pratica che vale per tutti, giovani e vecchi, maschi e femmine, e che è capace di lasciare per tutto il giorno quello stato permanente di eccitazione cerebrale capace di tenere la coppia in affettuosa e complice comunicazione mentale anche quando è fisicamente separata per le incombenze quotidiane. Nell’età avanzata dunque, in cui non vi è più l’impazienza e l’urgenza di raggiungere al più presto la de-tensione attraverso l’orgasmo, è preferibile mantenere vivo questo stato di leggera eccitazione piuttosto che tentare ad ogni costo, peraltro con pericoloso impegno di energia cerebrale e muscolare, di spegnerla per l’effimera soddisfazione di un orgasmo ottenuto con tanta difficoltà.
Questo stato di semieccitazione può tuttavia indurre il maschio troppo appassionato ad uno spiacevole errore di valutazione. Come nel maschio, infatti, anche nella femmina segue all’orgasmo, ma anche ad un semi-orgasmo, quel periodo più o meno lungo che in Fisiologia è chiamato “refrattario” e durante il quale anche lei non è più disponibile ad eccitarsi. E’ vero che talvolta nella femmina il periodo refrattario sembra essere molto breve, e ciò induce a credere che essa sia per natura sempre sessualmente pronta; inoltre, quando si trova in uno stato di grande eccitazione, la donna sembra anche essere privilegiata dalla possibilità di avere una serie di orgasmi ravvicinati. E’ necessario tuttavia chiarire che non si tratta di veri orgasmi, bensì di una serie di forti sensazioni prevalentemente localizzate alla zona genitale con una scarsa tendenza ad estendersi a tutto l’organismo. Il vero orgasmo invece è lo scatenamento improvviso di una sensazione violentissima e monopolizzante di piacere che dura pochi secondi ma sembra sequestrare l’intero essere in ogni zona del corpo e del cervello ed è talmente forte da essere quasi insostenibilmente dolorosa, inducendo colui che ne è “straziato” a gridare in modo convulso; ad esso succede subito il periodo refrattario e un senso piacevole di de-tensione e spossamento.
Bisogna tuttavia osservare che l’orgasmo della donna spesso non è simile a quello totalizzante dell’eiaculazione del maschio, tipo del “tutto o niente”, ma può essere molto diversificato in gradazione e intensità. A un orgasmo vero però fa seguito anche nella donna un periodo refrattario che vieta e addirittura repelle ulteriori tentativi di stimolazione erotica. Se accade che la donna abbia avuto uno di questi forti orgasmi, mentre il maschio a causa dell’età avanzata non è riuscito a raggiungerlo ma si trova ancora mentalmente eccitato come un mandrillo, egli si farà in quattro per convincere la compagna ad accettare ulteriori stimolazioni erotiche e continuare il gioco; mancando infatti l’eiaculazione, per lui il gioco potrebbe durare all’infinito, mentre per la sua compagna è chiuso, quindi ella percepisce ogni ulteriore stimolazione come un assedio molesto, se non addirittura come una violenza. Bisogna dunque ch’egli faccia attenzione affinché la sua piacevolissima eccitazione non si traduca in assedi sgradevoli per la compagna già sessualmente appagata. L’anziano maschio insaziabile dovrà allora avere abbastanza sensibilità da accorgersi dei segnali di sazietà della compagna rimettendosi con amore e fiducia nelle sagge mani di lei, l’unica forse capace di capire e guidare con misura e buon senso le necessità psico-fisiche della coppia.
Quando l’anziano ha difficoltà ad essere completamente soddisfatto attraverso l’eiaculazione, si potrebbe pensare che sia svantaggiato rispetto alla sua compagna. Niente è più errato di questo timore, perché in lui si sviluppa una insospettata sensibilità cerebrale surrogatoria molto somigliante a quella femminile, capace di eccitarlo e farlo godere attraverso tutti i sensi anche solo al contatto con la pelle della sua sposa, oltre che per i sospiri e i mugolii del piacere che egli le procura, mentre da giovane la sua sensibilità era concentrata quasi esclusivamente sui propri genitali. Tutto questo indica quanto sia opportuno dare all’organismo dell’anziano, quando egli pensa d’aver raggiunto la pace dei sensi, quella sorta di frustata farmacologica atta a riattivare il desiderio, se questo gli permette di mantenere vivo e continuo durante tutta la giornata il piacere del contatto fisico e visivo con la compagna, inducendo automaticamente anche in lei il desiderio e accendendo in tal modo il circolo virtuoso dell’eccitazione reciproca, portatrice di un’affettuosa complicità.
La cosa più importante da ricordare costantemente è che il vero fine da raggiungere è l’armonia e la fusione spirituale dei coniugi; l’attività sessuale serve solo a rinforzare il legame e non dovrebbe mai diventare fine a se stessa. Per questa ragione, almeno l’abitudine dell’abbraccio “platonico” non dovrebbe mai essere interrotta, anche se in un periodo di crisi o di “pace dei sensi” possa sembrare alla coppia o ad uno solo dei partner di non averne desiderio: si raccomanda anzi di praticarlo perfino controvoglia e di non lasciar passare mai troppo tempo senza quest’abbraccio rigenerante, pena il fatale affievolimento dell’affettività e la ricaduta nell’estraneità sentimentale. L’esperienza infatti dovrebbe a questo punto avere insegnato che, appena le carni nude e calde si sono riabbracciate, quasi per magia evapora al sole ogni screzio che possa avere turbato l’armonia della coppia e riappare di nuovo e di colpo la voglia e il piacere di riconoscersi uniti nella carne e nell’anima. Questo semplice contatto provoca infatti una sorta di riflesso condizionato cui non è biologicamente possibile sottrarsi e che sfocia automaticamente in un riavvicinamento carnale e affettivo. Abbracciarsi significa donarsi amore; è concepibile provare sentimenti malevoli verso chi ci abbraccia per donarci amore?
Quando la coppia ha conquistato quella condizione di totale fiducia reciproca contenuta nel mitico ma sapiente comandamento di essere “una sola carne”, si sarà probabilmente anche liberata dai tabù e dalle regole della cosiddetta decenza e pudicizia, peraltro attribuite dai benpensanti quasi sempre solo alla donna, e avrà raggiunto quello stato di felicità primordiale che è dato solo dalla presa di coscienza della propria natura anche carnale. Si raccomanda allora anche alla donna di prendere l’iniziativa ad ogni pur lieve riaccensione del suo desiderio, cercando il suo uomo anche nel mezzo delle attività quotidiane per un breve scambio di baci, carezze, e, se possibile, anche reciproci toccamenti dei genitali. Questa “aggressiva” iniziativa della moglie non potrà certo indurre nel maschio impotente la minima ansia da prestazione, anche perché in tale clima di confidenza e consapevole intimità egli avrà sicuramente già vinto la “vergogna” inizialmente indottagli dal suo stato; si ricordi invece quanto possa essere eccitante per il marito, mentre sale con le carezze su per le cosce della moglie che gli si è avvicinata per abbracciarlo, accorgersi con sorpresa che è priva di mutandine. Non si immagina insomma quanto queste brevi interruzioni delle attività quotidiane per uno scambio di tenerezze amorose possano essere intense e ricche di effetti positivi sull’intesa e complicità della coppia e possa prolungare nel tempo la felicità di un giorno particolare.
Sessualità, famiglia, cure parentali
E’ senz’altro vero che la coppia può essere apparentemente tenuta insieme anche da una quantità di attività ed obblighi della vita quotidiana, familiare, sociale, lavorativa; ma si può in tutti questi casi chiamarla ancora “vera coppia”? Il legame di due persone tenute sotto lo stesso tetto soltanto da interessi materiali o dall’abitudine è affettivamente sterile: si tratta di un legame artificiale fra una coppia di soci, non di amanti come invece dovrebbe essere. Il cemento affettivo fra un uomo e una donna, ciò che li tiene fisiologicamente e felicemente insieme è, fin dalla notte dei tempi e con buona pace dei cosiddetti benpensanti, la conservazione e la coltivazione dell’antica attrazione fisica; come tale, comporta sempre il mantenimento di un certo grado e ritmo di attività sessuale, anche se nel caso della coppia anziana non deve obbligatoriamente concludersi con la penetrazione.
Che questa attività sia il cemento affettivo della coppia non deve meravigliare e tanto meno scandalizzare; la prole dell’Homo Sapiens impiega un tempo talmente lungo prima di diventare autonoma, da essere impossibile per la madre portare a termine le cure parentali da sola: il neonato, il bambino, l’adolescente, e poi in buona parte anche l’adulto, hanno per un tempo lunghissimo bisogno delle cure e dell’assistenza di ambedue i genitori, prima che il nuovo individuo sia capace di vivere di vita propria. L’evoluzione umana allora ha inventato strategie atte a tenere uniti i genitori con un meccanismo di coazione automatica e istintiva profondamente radicata nella fisiologia del nostro essere, e cosa c’è di più istintivo e automatico dell’attrazione sessuale? L’attrazione inoltre doveva essere di lunga durata, per coprire tutto il tempo necessario alle cure parentali; in pratica per tutta la vita, dato che dagli albori dell’umanità fin quasi ai nostri giorni i mezzi anticoncezionali erano molto scarsi e quanto mai primitivi; d’altra parte non se ne sentiva neanche il bisogno, dato che i figli erano “benedizione di Dio”, cioè forza-lavoro e garanzia di assistenza nella vecchiaia; pertanto al primo figlio ne seguiva presto un altro e poi un altro ancora, per di più con una indeterminatezza che impediva qualsiasi programmazione. Solo il costante perdurare dell’attrazione sessuale esercitata dalla femmina, in uno con la sua disponibilità, poteva dunque assicurarle una lunga unione col padre dei suoi figli.
La Natura ha ottenuto questo risultato in diversi modi. Il primo è stato di rendere l’ovulazione indeterminabile dall’esterno facendo sì che la disponibilità sessuale della femmina fosse continua e relativamente indipendente dall’ovulazione; negli animali invece, i cui figli raggiungono generalmente entro l’anno autonomia e maturità sessuale, essa è limitata ad un solo breve periodo di pochi giorni, dopo il quale il maschio non ha più alcuna utilità né interesse a rimanere accanto alla femmina. Anche l’invenzione dell’amplesso frontale è stata per l’Homo Sapiens un’innovazione non di poco conto a causa del coinvolgimento di altri organi e sensi, oltre a quelli destinati alla copula, capaci di integrare e approfondire l’attrazione e l’eccitazione; il fatto di stare durante la copula viso contro viso e di guardarsi negli occhi si è tradotto in un più intenso e diretto scambio affettivo. Infine non è da sottovalutare lo sviluppo di uno spiccato dimorfismo sessuale che, a dispetto degli odierni modelli femminili mascolinizzati, costituisce per il maschio un importante richiamo sessuale: la larghezza del bacino, il turgore del seno, l’abbondanza e ubiquità dello strato adiposo, la prominenza del ventre, la minore pelosità, la sottigliezza e delicatezza della cute, e infine quell’accumulo di grasso nelle natiche e nelle cosce che è la dannazione delle donne di oggi (ma non degli uomini) e che in talune razze africane è apprezzato fino al punto di diventare un’istituzione come la steatopigia, che è l’ipertrofia adiposa di cosce e glutei. Molti antropologi pensano perfino che la formazione di un seno turgido anche al di fuori del periodo di lattazione sia stato un escamotage per surrogare, nel periodo di passaggio dell’amplesso da tergale a frontale, il richiamo esercitato fino allora dalla turgidità e visibilità delle natiche scimmiesche nell’antica posizione da tergo del coito. Che l’amplesso frontale sia un’invenzione atta a sollecitare l’affettività, è dimostrato anche dal fatto che esso si osserva in alcune odierne scimmie antropomorfe, dai comportamenti sociali e affettivi già molto vicini a noi.
Tutti questi cambiamenti o adattamenti hanno dunque contribuito a introdurre fra i primi ominidi la grande novità dell’affettività. E’ vero che forme più o meno evidenti di affettività sono osservabili anche in diversi animali superiori quali ad esempio i canidi e i felidi che vivono in branco, oltre agli animali domestici che ci sono familiari e i primati già menzionati; ma l’assoluta novità dell’Homo Sapiens è l’enorme intensità e durata del legame affettivo, biologicamente destinato ad estendersi per tutta la vita. Tuttavia attrazione sessuale ed affettività non devono ancora essere sembrate garanzie sufficienti ad assicurare una salda unità della coppia per tutto il tempo necessario, perché la provvida Natura ha favorito con la selezione naturale gli individui e le popolazioni che si sono date, attraverso i più svariati rituali, anche regole sociali per la protezione della famiglia. Uomini e donne infatti – a dire il vero con una preponderanza degli uomini – hanno anche una inclinazione di segno opposto che talvolta li induce, per curiosità, eccesso di libidine, o altri motivi, a mettere il naso fuori dalla famiglia.
L’evoluzione degli ominidi è giunta quindi già in epoca preistorica alla regolamentazione delle unioni con l’istituzione del matrimonio e l’obbligo della fedeltà. Se poi il maschio riusciva lo stesso a fare qualche scappatella (come d'altronde anche la femmina, che volentieri accettava talvolta le avance di qualche giovane maschio della tribù) ciò non invalidava affatto l'istituzione del matrimonio, nato dalla imprescindibile necessità biologica di collaborazione domestica e parentale. Inoltre, se anche la scappatella del maschio obbediva all’istinto di spargere un po’ dappertutto i propri geni col seme, questo infine giovava al rimescolamento del patrimonio ereditario creando nuova diversità biologica; non aveva quasi mai il significato di una nuova relazione fissa, perché il maschio restava volente o nolente legato alla sua famiglia come imponeva il suo clan e il suo legame coi figli e la moglie, come d’altronde avviene fondamentalmente tuttora; cambiano le usanze e i riti, ma non la sostanza dell'istituzione matrimoniale. Poiché anche le strutture sociali e le istituzioni si evolvono seguendo le stesse leggi darwiniane dell’utilità e della selezione, si può affermare che l’istituzione matrimoniale, conservatasi nei geni attraverso i millenni, è stata fino ad oggi una formidabile invenzione per tenere unite le famiglie durante tutto il tempo in cui le femmine continuavano a far figli da crescere ed ha così permesso la felice continuazione della specie, come tutti noi siamo qui contenti di testimoniare.
Il fenomeno moderno della disgregazione della famiglia negli stati industrializzati può essere allora un fenomeno di degrado che non si sa ancora dove possa portare. E’ già quasi un secolo che ha cominciato a diffondersi sempre più il trend dei multi-matrimoni e non si può ancora prevedere se sia un nuovo ramo dell'evoluzione oppure un effimero fenomeno di devianza destinato ad essere presto o tardi eliminato. Allo smembramento delle famiglie ha sicuramente contribuito la drastica diminuzione della prole in tutte le società avanzate, che ha liberato le donne dalle lunghe cure parentali e dalla necessità della collaborazione maschile, dando il via al degrado dei costumi; tuttavia, poiché l'evoluzione non segue un disegno prestabilito, ma è il prodotto di miriadi di tentativi casuali, la maggior parte dei quali abortisce per inefficienza, può darsi che tale tendenza sia un ramo secco della cieca evoluzione destinato a cadere come i tanti altri che essa ha prodotto nei milioni di anni. Criterio infatti della preferenza data ad uno piuttosto che ad un altro tentativo evolutivo è l’utilità e soprattutto la non nocività di ogni innovazione: così le innovazioni nate da mutazioni o variazioni sfavorevoli alla vita non hanno seguito, allo stesso modo degli individui inetti alla vita per infertilità, malattie, minori attrattive sessuali, o scarsa idoneità ad affrontare le avversità.
Poiché l’istituzione matrimoniale si è mantenuta nei millenni, significa pure che essa è "convenuta" anche al maschio, nonostante le sue scappatelle. Nelle rare aree del mondo in cui la poligamia è teoricamente ammessa, essa è in realtà praticata solo dai pochi individui più ricchi come sfoggio di status sociale o per necessità di generare più figli come forza-lavoro, e ciò non fa che confermare quanto il maschio abbia sempre avuto bisogno della sicurezza costituita dalla famiglia e dalla femmina come sostituto della madre; sotto questo punto di vista, l’harem potrebbe essere considerato come un’organizzazione retta effettivamente da tante femmine-madri. E’ anche innegabile che la poligamia si accorda con la teoria della naturale inclinazione del maschio a sparpagliare i propri geni in molte vagine, ma se la forza dell’evoluzione è riuscita ad imbrigliare tale inclinazione, ciò è avvenuto perché al maschio conveniva accettare le regole limitanti del matrimonio. La femmina invece, dovendo investire le sue forze su un solo figlio per volta e per molto tempo oltre i nove mesi, poteva essere interessata a tradire il compagno soltanto se sedotta da un maschio più forte e più attraente, presumibilmente più capace di lui di provvedere alla famiglia; assillato quindi dal timore d’essere abbandonato, il marito non poteva che accettare di buon grado i limitanti obblighi matrimoniali come garanzia della sua stessa sussistenza.
Fin dagli albori, all’epoca dei cacciatori e raccoglitori, il maschio ha sempre avuto solo da guadagnare dal legame con la femmina: stabilità, nutrimento, cure personali, forza-lavoro dei figli più grandicelli. Che cosa facevano infatti gli originari ominidi maschi, se non portare qualche volta dalla caccia un po' di proteine da mangiare che subito sbandieravano con grande spiegamento di armi, di livree, di piumaggi e di danze propiziatorie, magari di guerra? Poi per tutto il giorno e forse settimane, quando la caccia andava male, non facevano assolutamente nulla, tranne che fabbricare armi e mangiare le erbe e le radici raccolte dalle donne, accoppiarsi, e poi smaltire l’esubero di forze in danze di guerra. L'agricoltura e la vita stanziale, subito accettata di buon grado anche dai maschi guerrafondai in quanto gli assicurava il pane quotidiano, l'hanno inventata le donne, che per millenni ci hanno anche lavorato di persona mostrando come l’apporto del maschio fosse limitato alla difesa della famiglia da aggressioni e ruberie, e alla disponibilità del suo seme affinché l'evoluzione guidata dalle donne potesse avere il suo corso.
E’ verosimile inoltre che il timore di essere tradito e abbandonato dalla compagna-madre fosse così forte da dare origine a una lunga competizione, forse durata millenni, da cui il maschio è infine uscito vittorioso assicurandosi il controllo della femmina e dei figli e dando avvio alla nascita del sistema patriarcale; il dominio sulla femmina e sulla famiglia gli garantiva non solo la sicurezza genetica della sua discendenza, ma allo stesso tempo anche il controllo sui depositi alimentari e su tutti i beni prodotti dalla donna; si è venuta così a creare la necessità di legalizzare e garantire col matrimonio la sua dominanza.
Può darsi che il nuovo trend che si osserva nei costumi sessuali e familiari di oggi trovi una sua nicchia di utilità nelle artificiali strutture socio-economiche create dal capitalismo avanzato, che si sono in ogni campo allontanate di molto dalla naturalità. Ciò spiega come mai le società capitalistiche siano tanto avversate dalle società cosiddette meno avanzate, di regola purtroppo guidate dalla religione e dall’integralismo, ma molto più aderenti alla Natura. Esse sostengono “a spada tratta” che il modo di vita del mondo occidentale non è buona cosa in quanto ha portato solo al degrado delle anime, dei corpi e delle strutture sociali e agitano il fantasma dell’autodistruzione verso cui la nostra “civiltà” probabilmente si sta incoscientemente e arrogantemente incamminando da quando ha invaso il Pianeta. I maschi attuali in fondo, con tutti i loro razzi interplanetari e le loro raffinate tecnologie, non sono molto dissimili dai loro antenati ominidi, capaci solo di uccidere e fare danze di guerra arrecandosi essi stessi del male.
E’ facile dunque immaginare che l’American way of life, dopo aver contagiato mezzo mondo, sia un ramo secco dell'evoluzione e presto o tardi sarà sostituito da quello portato dall'invasione di masse di popoli enormemente più vitali perché mantenutisi aderenti alla Natura. Stanno già straripando da quei confini che gli avevamo imposto nel tentativo di sottometterli alla nostra cultura, mentre ora saranno essi a sottometterci alla loro con una esorbitante prolificità; mentre infatti loro senza sosta si moltiplicano, noi stiamo ancora discutendo sull’anima degli embrioni come una volta si discuteva sull’anima delle donne, e questa è un'ulteriore lezione sulla validità delle leggi darwiniane anche applicate all’evoluzione delle strutture sociali: la selezione naturale agisce impedendo agli inetti e alle strutture inefficienti di riprodursi, mentre favorisce la moltiplicazione degli individui e delle strutture più idonee a conservare la Vita sul Pianeta sotto qualunque forma e assetto, anche se sgradevole per il nostro modo di sentire e la nostra cosiddetta civiltà. Se la nostra non ha saputo inventare che alienazione, computer, razzi, e figli in provetta, probabilmente è destinata ad essere sommersa da chi i figli li fa in modo naturale e in abbondanza.
L’illusione del “partner migliore”
Nelle grandi città si vive immersi in un turbinio di attraenti persone dell’altro sesso che graziosamente parlano e sorridono, esibiscono i loro aspetti migliori, la loro voglia di amare ed essere amati e ammirati, e con ciò mettono in pericolo l’esistenza della coppia che con tanto amore e fiducia aveva iniziato la vita insieme. In tali concentramenti di popolazione, dove ognuno è estraneo all’altro, i rapporti interpersonali tra concittadini e colleghi sono quasi inesistenti e manca l’inibitorio controllo reciproco dei piccoli villaggi, dove i cedimenti morali sono più rari per l’esistenza di una sorta di autoregolazione automatica dei costumi.
Purtroppo, quando il legame d’una coppia comincia ad incrinarsi per l’intrusione di una di quelle persone il cui fascino misterioso la fa apparire più attraente del proprio partner, il partner colpevole comincia a fornire alla propria coscienza ogni alibi possibile per lapidare colei o colui che pur conduceva al suo fianco una vita irreprensibile con l’amore e l’abnegazione di cui era capace. E’ difficile capire la natura della forza distruttiva che spinge una persona a disamorarsi di un partner che finora rappresentava per lui una casa-culla serena e ordinata e quindi generatrice di felicità, per saltare nel buio di evasioni generatrici di disordine e quindi, presto o tardi, di sofferenza. Voce di popolo, sostenuta anche dalla Sociobiologia, sostiene che fin dagli albori della specie umana sarebbe una caratteristica naturale e incoercibile del maschio andare a caccia di femmine e di proteine animali distribuendo il proprio seme a destra e a manca ad ogni buona occasione. Questa teoria però, che poteva valere per i tumultuosi e promiscui primordi in cui gli ominidi facevano parte di branchi non ancora organizzati, oggi sembra poco attendibile; da quando infatti l’Homo Sapiens si è costituito in ordinate strutture sociali gerarchiche sottoposte a regole e consuetudini col valore di leggi, si è modificato geneticamente anche il suo ruolo istituzionale nel clan e la sua responsabilità nei riguardi dei componenti; l’immagine quindi di un maschio ancestralmente cacciatore di proteine e di femmine si è molto ridimensionata e oggi sembra solo un alibi inventato dalla mascolinità per giustificare le sue fantasie erotiche e le sue scappatelle.
Quanto alla femmina, tutti gli antropologi concordano che sia meno portata al tradimento a causa del suo primario interesse alla conservazione del nucleo familiare; è la donna infatti che investe tutte le sue energie per ogni singolo figlio e per la durata di quattro o cinque anni, ed è naturale che difenda con le unghie e con i denti il suo investimento genetico facendo in modo che vada a buon fine e sia conservata l’unità della famiglia. Tale predisposizione è innata e si è mantenuta certamente anche nelle donne di oggi, nonostante la liberazione sessuale, l’interruzione di gravidanza e il controllo delle nascite, anche se la maggior parte di esse finge di non saperlo; è un dato di fatto che, salvo eccezioni perverse, la maggior parte dei tradimenti femminili è provocata dall’incuria dei maschi nei riguardi delle loro compagne o da maltrattamenti, tradimenti, e comportamenti offensivi.
Resta comunque la triste realtà che quando si insinua nell’animo o nella fantasia il desiderio di liberarsi del partner, maschio o femmina che sia, non è facile per il traditore razionalizzare gli inconsci motivi abbietti del suo comportamento; è difficile giudicare con chiarezza se colei o colui di cui si era innamorati, e che ora più non si sopporta, abbia perso le sue iniziali attrattive a causa d’un oggettivo deterioramento del suo aspetto o a causa di un divergente processo evolutivo morale, oppure se a forza di guardare nei giardini degli altri reputiamo di poter aspirare ad un partner migliore di quello attuale: qualsiasi motivo si adduca, è solo un pretesto per liberarsi da ciò che si ritiene una prigione. Cercare pretesti infatti è il più comune falso salvagente cui gli esseri umani si sono da sempre aggrappati per non dover scoprire in se stessi il vero abbietto motivo del loro disamore. Guardiamola in faccia noi, allora, l’abbietta Fata Morgana: l’illusoria e consumistica convinzione che il nostro ego meriti qualcosa di meglio, un partner migliore, mentre il vero abbietto motivo è la nostra incapacità creativa di rendere interessante la nostra vita, e allora ci illudiamo che lo possa fare un “partner migliore”. Mettiamoci una mano sul petto e chiediamoci se almeno una volta non abbiamo accarezzato il pensiero che il nostro partner, per un motivo più o meno giusto, “non ci meritasse”.
Questa Fata Morgana del partner migliore che ci spetta di diritto è il pensiero più deleterio che ci possa infettare, dato che offusca la capacità di vedere gli aspetti positivi che la nostra compagna o il nostro compagno sicuramente possiede, se una volta ci è piaciuto e se nel frattempo non è diventato un mostro; ci inibisce la capacità di gioire per come egli ci ha reso finora bella e attraente la vita e di vedere chiaramente la nostra colpevole ignavia creativa. Il segreto della felicità è infatti gioire per le qualità del partner, piuttosto che stare a roderci e a soffrire per i suoi difetti; in lui ci sono certamente “in nuce” anche altri aspetti positivi meno evidenti ma che potrebbero essere scoperti e sviluppati, se si prendesse l’iniziativa di coltivarli con pazienza ed amore introducendo nuovi motivi di interesse comune; se è vero che l’essere umano oscilla continuamente fra il bisogno d’una casa sicura e il fascino di nuovi orizzonti e nuove esperienze, perché cercare queste altrove, invece di crearle nel proprio partner e nell’ambito della propria famiglia? Non si immagina, o piuttosto non si vuole immaginare, quanto la nostra innocente compagna o compagno possa essere felice di seguire il nostro entusiasmo di fare o imparare cose nuove, e allo stesso modo quanto possa anche lei trascinarci col suo entusiasmo verso nuovi interessi e nuove esperienze; ed è straordinario constatare quanto queste esperienze possano tenere felicemente unita la coppia, se il partner scontento non si chiudesse nell’alibi nichilistico del “tanto è tutto inutile”.
La Fata Morgana del partner migliore di quello attuale distrugge ovviamente la base affettiva necessaria a farci compiere anche quegli atti quotidiani che servono a mantenere vivo, o a riaccendere, il piacere del contatto fisico e affettivo: gli sguardi e gli abbracci affettuosi, le carezze e i toccamenti, tutti insomma quei piccoli gesti di tenerezza e affettuosità che fanno sentire alla compagna o al compagno l’attrazione che in fondo ancora esercita su di noi e la nostra gratitudine per la sua stessa esistenza. L’affettività e la sessualità femminile è particolarmente sensibile a queste attenzioni e la donna è capace di commuoversi ed infiammarsi fino a tarda età; bisogna convincersi che amore richiama sempre amore e che è biologicamente impossibile che chi è oggetto di questi gesti diretti d’affetto non li ricambi con la stessa intensità alimentando così quel circolo virtuoso che anche Dante mostra di conoscere molto bene col suo amor che a nullo amato amar perdona.
Sfortunatamente, la saggezza per capire lo stretto legame esistente fra sesso e affettività, e la saggezza di adeguarvisi modificando e riprogrammando il proprio modo di agire adattandolo su quello del partner, si conquista spesso solo con la maturità o la vecchiaia; tuttavia, se si sono seguiti i nostri consigli, si potrà ben presto constatare che tale saggezza è capace di annullare la stessa nostra percezione della vecchiaia con una sorta di ritorno di fiamma della vigoria e del giovanile ottimismo, e questo allontana anche il pensiero della morte attraverso una nuova gioia di vivere ed amare. Il risveglio dell’amore è infatti il miglior antidoto agli acciacchi e alla depressione della vecchiaia.
Il più grande nemico d’una felice vita coniugale resta tuttavia il turbinio di attraenti figure dell’altro sesso, spesso sessualmente aggressive, offerto dalla vita sociale e lavorativa. Il loro fascino spesso consiste solo nell’aura di mistero che circonda ciò che non si conosce, oppure si è indotti ad ammirare in loro ciò che noi pusillanimi non siamo capaci di trovare in noi stessi e nel nostro partner, e allora si vive della luce con cui abbiamo rivestito quella nuova persona e che ci appare immensamente superiore. Spesso contro la vuota luce riflessa di questa Fata Morgana si spunta anche la più forte determinazione a continuare ad amare il proprio partner e coltivare e mantenere con lui consapevolmente quel tenerissimo stato di complice eccitazione che rende felice la vita. Quando sfortunatamente ciò accade, la causa non risiede in una presunta innata predisposizione dell’uomo al tradimento, bensì nell’inclinazione del singolo individuo a farsi plagiare dal gruppo sociale in cui vive e dai degradati modelli mediatici che lo assediano. L’aumento odierno dei matrimoni falliti e dei divorzi dipende dunque dalla maggiore promiscuità sociale e dal conformismo che quasi impone all’individuo di adeguarsi ai costumi imperanti; ma dipende anche dalla fragilità e labilità individuale, che soccombe ai condizionamenti perché incapace di affrontare e riparare la minima difficoltà coniugale.
Una delle più precoci cause di delusione matrimoniale è il fisiologico raffreddamento del desiderio sessuale che segue al periodo della fregola amorosa e sopravviene inesorabilmente con l’inizio della convivenza e della routine; quasi sempre esso viene interpretato dal maschio come disamore, con tutte le reazioni che ne conseguono: frustrazione, offesa, rancore, ritorsione. Nel periodo giovanile dell’innamoramento non si sa infatti, o non si vuole mettere in conto, che un certo calo del desiderio sessuale è un fenomeno connesso con la procreazione; pochi infatti hanno voglia di riconoscere la pur lapalissiana verità che l’amore è stato indissolubilmente congiunto dalla Natura con la procreazione, in barba a tutte le rivoluzioni sessuali che vogliono separarlo da essa e piegarlo all’edonismo individuale: la Natura infatti ha stabilito che la grande fregola amorosa durasse solo quel tanto che serve ad ottenere la fecondazione; nella femmina c’è come una sorta di timer che fa durare la fregola il tempo mediamente occorrente per il concepimento (sia che questo realmente avvenga o no) e poi scatta sul “riposo”. Il marito dunque deve avere la pazienza di aspettare tempi migliori e non si deve crucciare se con la gravidanza si verifica nella moglie un calo del desiderio sessuale ma non del desiderio di coccole, che anzi aumenta enormemente; purtroppo, la pazienza non è una qualità bene accetta dai maschi, generalmente meno maturi delle compagne e unicamente ansiosi di esercitare i loro presunti diritti sessuali; non pensano neppure lontanamente che il sesso non è un alimento indispensabile e che un po’ di astinenza non gli nuocerà per niente.
Negli animali la disponibilità sessuale della femmina cessa addirittura del tutto con la fecondazione, e fino all’anno successivo prende il suo posto uno stato di repulsione e aggressività. Madre Natura non spreca nulla, e poiché il sesso non sta lì per far divertire animali o esseri umani ma solo per indurli, a torto o a ragione, a moltiplicarsi, di lui non c’è più bisogno quando la femmina resta incinta; sarebbe anzi nocivo, perché la distrarrebbe dall’allevamento della prole. Dopo il parto e il necessario lungo periodo dell’allattamento, negli animali ritorna la fregola, generalmente dopo un anno; ma anche nella donna, dopo il parto e il primo delicato periodo di allattamento (i famosi “quaranta giorni”), torna di nuovo una “piccola fregola”, che l’astinenza non può non rendere intensa. E’ necessario tuttavia ricordare che nella donna la diminuzione del desiderio sessuale durante la gravidanza può essere largamente compensata dall’affettività con cui esso è intimamente intrecciato; se questa quindi è coltivata con amore anche dal marito, è possibile che l’attività sessuale continui per tutta la durata della gravidanza; desiderio e affettività servono infatti ancora a tenere unita la coppia per le prossime cure parentali da dedicare al figlio che stanno aspettando e a tutti quelli che verranno più tardi.
Quale che sia la causa, dopo la fregola iniziale e il subentro della routine nella convivenza, l’attività sessuale della coppia assume un ritmo più tranquillo guidato dall’affettività, e questo lieve calo viene percepito da qualche marito immaturo e impaziente con sorpresa e amarezza come diminuzione dell’amore dovutogli; la sua sicumera di maschio non gli permette neanche di immaginare che la routine abbia fatto subire anche a lui, insieme alla compagna, lo stesso calo di desiderio; preferisce pensare che sia la tiepidezza della moglie a non stimolarlo più come una volta; non ha idea del grande disegno della Natura, per il quale l’esaurimento della fregola, così pericolosamente monopolizzante, ora permette a lui e alla compagna di attendere più tranquillamente alle occupazioni quotidiane necessarie alla loro stessa sopravvivenza e a quella della prole. Per la gente dalle semplici aspirazioni le occupazioni parentali e l’impegno che comporta il mantenimento della famiglia sono forse sufficienti a tenere in piedi un rapporto di coppia; per altri deve sopperire l’intesa intellettuale e culturale. Ecco allora che quando nei giovani giunge l’età di amare, non è al colpo di fulmine che ci si può affidare per garantirsi una lunga durata della vita insieme, ma all’oculatezza nella scelta del partner, che permette di sondare l’autenticità del rapporto e le eventuali affinità morali e intellettuali.
Il problema semmai risorge quando la coppia ha portato a termine l’educazione dei figli e questi, ormai grandi, se ne vanno per i fatti loro; in questa situazione, se i coniugi si erano troppo concentrati sui figli, sui problemi familiari e sul lavoro, perdendo a poco a poco l’interesse sessuale e perfino il piacere della reciproca presenza fisica e del contatto che sono il fondamento dell’affettività, tendono a sentire la loro vita come vuota di significato e andranno sicuramente incontro a un triste tramonto o addirittura alla rottura del matrimonio, se non impareranno di nuovo a corteggiarsi e a coltivare il piacere della loro intimità. E’ bene precisare che la menopausa non incide per niente sul desiderio sessuale della donna; se ciò sembra accadere, ne è generalmente responsabile il pregiudizio sessuofobico dell’ambiente sociale alimentato da un certo clero ignorante; tutto ciò comunque finisce per convincere i coniugi che quando il periodo della fertilità e della procreazione è finito, è finita anche la disponibilità sessuale di entrambi, per cui è peccaminoso o quanto meno disdicevole insistere alla loro età con i giochi amorosi. Fortunatamente non vi è niente di più falso, perché la Natura fa cessare le ovulazioni ad una certa età soltanto per impedire la nascita di figli nella tarda stagione della vita della donna, quando il declino delle forze e il degrado dell’intero organismo renderebbe difficile e precario il loro lungo e faticoso allevamento; inoltre, la possibile morte della madre per vecchiaia lascerebbe allo sbando i figli più piccoli.
Negli animali invece il periodo richiesto dalla prole per raggiungere l’autonomia è molto più breve e l’ovulazione quindi può continuare a manifestarsi annualmente fino a un’età molto avanzata, seppure limitatamente al periodo di fregola stagionale. Si comprende quindi perché nell’animale la fregola sia concentrata in quel brevissimo periodo dell’anno: nell’intervallo fra un anno e l’altro si esaurisce la necessità della presenza della madre, dal momento che la prole diventa generalmente autonoma. Nella donna in menopausa, invece, ci sono di regola ancora altri figli più grandicelli da accudire o da assistere nella loro difficile acquisizione dell’autonomia, perciò il desiderio sessuale adempie ancora alla funzione di tenere unita la coppia; la cessazione delle ovulazioni e dei cicli ormonali non ha infatti proprio niente a vedere col desiderio e l’attività sessuale, che può e deve restare ininterrotta. Per fortuna oggigiorno l’idea che la menopausa debba inibire o frenare l’attività sessuale non ha alcuna presa sulle giovani e più smaliziate generazioni, in questo campo certamente molto meglio informate degli anziani della vecchia guardia.
Ma torniamo a riflettere sul pericolo rappresentato dal turbinio di persone dell’altro sesso più attraenti del proprio partner e su come ci si possa proteggere dall’idea consumistica del “partner migliore" che molti credono di meritare per diritto naturale. Più d’uno si chiederà se gli autori di questo libro saranno magari così matti da consigliare di chiudersi nel proprio nucleo familiare ignorando i giardini più verdi degli altri, o almeno riducendo le relazioni pericolose col mondo esterno. A questa domanda, che pur nella sua apparente utopicità suona drammatica, si deve purtroppo rispondere che sì, specialmente ad un’età come quella della pensione, in cui non si è più sollecitati ad una frequentazione sociale e lavorativa, si dovrebbe avere il coraggio di fare tale scelta; tanto più che le trascorse esperienze di vita sociale dovrebbero avere aperto gli occhi sulla superficialità, ipocrisia ed egoismo dei rapporti sociali e dovrebbero avere indotto a rallentarli. Se nondimeno ci si sentisse incapaci di rinunciare alle tentazioni mondane, sarebbe saggio almeno tagliare più che si può il superfluo ed il falso delle influenze del mondo esterno; vivere saggiamente e felicemente la propria vita riscoprendo l’originaria ma mai del tutto scomparsa attrazione che aveva formato la coppia e la famiglia, dovrebbe essere un desiderio primario; dovrebbe prevalere la convinzione che solo la coppia di coniugi affiatati e sinceramente legati da reciproca fiducia e intimità consente la tranquillità e la sicurezza esistenziale di una vita pienamente e felicemente realizzata. Avendone la possibilità e la volontà, una volta pensionati si potrebbe scegliere di abitare in un luogo relativamente isolato dal mondo esterno, così da aiutare i protagonisti a vivere in una sorta di “fedeltà coatta”, ma assolutamente indolore se è una scelta della maturità e se è compensata dalla felicità di vivere votati positivamente l’uno all’altro.
Tale relativo isolamento si può realizzare in una casa di campagna, che è sempre il sogno di tutti; ma anche in un appartamento cittadino, se non ci si lascia andare alla tentazione di approfondire gli attraenti ma superficiali incontri con l’altro sesso fatti durante la giornata; allontanarsi dal pericolo non è difficile, se lo si fa appena nasce la tentazione, la quale spesso è determinata solo dalla curiosità, o da lusinghe e complimenti ricevuti, o dal narcisistico desiderio di rimettersi alla prova. Si dovrebbe sempre tenere a mente che una volta iniziata la nuova relazione sessuale, che al maschio maturo dà fittiziamente la sensazione di rinascere, è molto difficile tornare indietro; ma quando c’è la consapevolezza dei guasti che certamente si causeranno a tutti, compresi se stessi, anche il fascinoso turbinio di quelle attraenti figure può restare per sempre un innocuo turbinio di fantasmi, o servire addirittura a riattivare la fantasia erotica lasciando peraltro alla coppia la vera e concreta felicità, anche sessuale, da essi tanto a lungo curata. Questa “fedeltà coatta” ma indolore, che raccomandiamo di osservare, non è ispirata da uno strambo masochismo bigotto, ma dall’antica saggezza dei nostri avi, che anche quand’erano giovani, in una società prevalentemente contadina, una volta sposati non andavano in giro a caccia di tentazioni; un proverbio popolare, spesso sentito dalla saggia bocca delle nostre nonne, dava al marito addirittura il permesso di “annusare i profumi delle altre cucine”, purché poi “si mangiasse a casa”.
Una vita relativamente isolata non è una cosa impossibile, e talvolta può essere l’unico mezzo per evitare tentazioni destinate a portare solo disgrazie, disordine e sofferenze; chi la sceglie, magari dopo essere stato scottato da una sbandata sentimentale, non solo è un vero saggio, ma un uomo consapevole della fusione meravigliosa fra le sue due nature, biologica e spirituale, e del ruolo ch’esse hanno nella famiglia e nella continuazione della specie. Non è un caso, infatti, se la monogamia è inscritta nella nostra cultura e nei nostri geni più antichi e tenaci, avendo la funzione di mantenere compatto il luogo biologico delle cure parentali qual è la famiglia, cure che nella nostra specie, come si sa, durano a lungo, fino all’età più inoltrata di noi stessi e dei nostri stessi figli, ma certamente non così a lungo da non poter essere ancora rallegrate dal desiderio erotico-affettivo della coppia, desiderio che è il suo ancestrale cemento.
Sesso o amore?
In questo capitolo, dedicato anche ai giovani, dovremo dire delle cose che sembrano odorare di pulpito e d’incenso, ma a torto, perché in questo campo religione e laicità vanno stranamente d’accordo; fanno parte cioè della saggezza proveniente da tutti i popoli e da tutte le civiltà.
Cominciamo col dire – e ciò suonerà a molti orecchi come una stramberia molto poco laica – che oggi siamo sopraffatti e disgustati dall’uso dilagante dell’espressione “fare sesso” al posto di “fare all’amore”: la schizofrenia dei nostri tempi e la cosiddetta “rivoluzione sessuale” è riuscita a separare l’inseparabile, cioè la sessualità dall’amore. Si ritiene generalmente che questa frattura sia originata dalla ribellione a una presunta sessuofobia della Chiesa e alla sua pretesa di astinenza e castità al di fuori del matrimonio, ma è un grossolano errore credere che la scelta della castità abbia a che fare con la religione: la sacralità dell’unione sessuale ha radici antichissime ed è nata con l’uomo molto prima della nascita di qualunque chiesa. Infatti la regolamentazione della sessualità, suggellata da fedeltà e castità, è un’esigenza biologica ancestrale comune non solo all’Uomo in età preistorica, ma anche a moltissime specie del regno animale; per rendersi conto dell’ubiquità di tali regolamentazioni, è sufficiente osservare i rigidi comportamenti sessuali e i cerimoniali matrimoniali nelle tribù ancora oggi esistenti in quegli angoli del mondo in cui pur si vive ancora come all’età della pietra; è solo infatti da pochi millenni, che le religioni si sono appropriate della castità e del matrimonio come se fossero state loro ad inventarli e a dargli l’impronta del Sacro.
La distinzione fra sesso e amore ha generato e perpetuato un comportamento sessuale fine a se stesso favorendo una dilagante promiscuità e mettendo in pericolo l’esistenza della famiglia tradizionale, la cui fine fu teorizzata perfino da eminenti psicologi socialisti come Willhelm Reich, David Cooper, R.D. Laing, ecc. Ma non si creda che tale teorizzazione fosse fatta a cuor leggero; per dare un’idea anzi di quanto fosse problematica, forzata e dolorosa la ricerca di un utopistico equilibrio sessuale-affettivo nei collettivi socialisti che si andavano formando nei primi decenni del 1900, e di quanto ne fossero consapevoli i loro stessi teorici, è utile leggere queste parole di W. Reich tratte proprio da “La Rivoluzione Sessuale”: La gente non se la sentiva più di vivere in famiglia, ma neanche di vivere senza di essa. Non se la sentiva di vivere per sempre con lo stesso partner, ma neppure di vivere sola (...) Soltanto se si sa quanto dolore si provi al pensiero che il compagno amato abbracci un’altra persona, soltanto se se ne è avuta esperienza attivamente e passivamente, si può capire che questo non è un problema meccanicistico ed economico, ma strutturale (...) La gioventù sovietica ha pagato a caro prezzo questa lezione (cioè la sperimentazione di nuove modalità e costumi nell’unione sessuale – N.d.R.).
La cosiddetta “rivoluzione sessuale nostrana”, quella relativistica del “fate come vi pare”, tipica della nostra civiltà tecnocratica e televisiva, è dunque solo uno dei tanti inganni da aggiungere a tutti quelli di questa epoca spiritualmente opaca. Il sesso facile è una moda inquinante, e molti dei guai esistenziali che affliggono oggi uomini e donne dipendono dal fatto che fin dal primo approccio si lasciano andare senza alcun freno a quella libidine collettiva che viene suggerita massicciamente dai mass-media con le stesse modalità di tutti gli altri consumi; anziché farsi guidare dall’attrazione solo quando è suscitata dalla profonda conoscenza della personalità dell’altro, cioè dall’amore, ci si lascia comandare dalla momentanea attrazione. E’ naturale sentire attrazione, da giovani o da vecchi, per la bellezza fisica di una persona, ma ciò non è assolutamente garanzia di una buona unione coniugale, come sanno molti di quelli che hanno ceduto al cosiddetto “colpo di fulmine”. Questo infatti è un esempio molto esplicativo della superficialità di un approccio amoroso non abbastanza meditato, perché nasce e si sviluppa solo nella fantasia di chi lo sperimenta; esso fornisce solo una conoscenza molto parziale del partner, facendoci vedere soltanto ciò che l’altro vuole farci vedere, ma soprattutto ciò che noi vogliamo vedere di lui. Tutto il resto insomma ce lo inventiamo; ma questo purtroppo per molti è sufficiente ad aprire le porte al “sesso facile”.
Nel vero amore, che esiste fortunatamente anche oggi, una persona non del tutto bestiale non pensa che l’altro sia un oggetto sessuale da “consumare”, ma ha una sete inesauribile della sua conoscenza, gode nell’apprendere tutti i particolari della sua vita, gli interessi, le vedute esistenziali, i suoi sogni, poiché anche questo è un modo di fondersi con la sua persona e di possederla; l’innamorato ha certamente anche la voglia cocente di abbracciare e coccolare chi ama ed anche di condividere un’intimità sessuale, ma più di tutto guarda subito all’amato come a un possibile compagno o compagna di vita e non ad un oggetto da consumare. L’amore vero infatti si nutre dell’intera persona fisica e spirituale dell’amato, laddove l’interiorità gioca un ruolo primario. In tempi neanche tanto antichi piaceva molto l’espressione “anima gemella” e quando si credeva d’averla trovata si provava quasi un sacro timore di violarla o sciuparla; prima di fare all’amore si sentiva istintivamente ch’era bene lasciar passare un certo periodo per permettere la reciproca conoscenza e l’affiatamento; perfino quando, dopo un congruo periodo di conoscenza, si decideva di fare all’amore, si sentiva che era per suggellare la scelta santificando l’unione, piuttosto che soddisfare la propria libidine.
Il “sesso facile” di oggi invece non vuole vedere nient’altro del partner se non ciò che produce effimero piacere; è quasi una masturbazione a due, ognuno chiuso nella propria solitudine, quindi il rapporto non può che finire presto con un senso di nausea, di vergogna, di vuoto. Se poi per caso accade che il “fare sesso” sia molto piaciuto, è ancora peggio, perché si è catturati in un vortice totalizzante che non termina se non con la distruzione e la sofferenza di tutti, in una coazione a ripetere dove c’è solo il Sesso, Signore e Padrone della cecità della mente e dello spirito, che impedisce qualunque approfondimento della conoscenza. Il guaio è che una tale tempesta di sensi fa credere a quei poveri infelici d’aver trovato il partner per la vita, ma quando la fregola è passata e si accorgono che avevano trovato solo un pene e una vulva in calore, toccano amaramente con mano la triste realtà di non avere nulla in comune, nemmeno più l’attrazione sessuale, e sopravviene quanto meno la noia e la repulsione; quando infatti manca la creativa stimolazione reciproca, che può esser data solo da una unione spirituale e culturale, anche il “fare sesso” con la donna o l’uomo più belli del mondo perde presto d’interesse.
Allora, cosa fare? La risposta, a costo di apparire beghini, non può essere che quella che da millenni si è data la saggezza dei popoli: all’inizio d’un rapporto – e questo vale per giovani e meno giovani – ci si dovrebbe astenere dalle effusioni amorose troppo spinte seppure ciò costasse un piccolo sforzo di volontà; anche dai baci, eventualmente, se si sa di essere deboli, e ciò per il tempo necessario a conoscere meglio il proprio partner. Non si creda alla menzogna di chi dice che il sesso è un modo indispensabile per conoscersi: è solo un alibi per legittimare la libidine di chi lo afferma. Cosa c’è infatti, che il sesso permetta davvero di conoscere? Ciò che tutti conoscono benissimo e sanno fare per istinto anche meglio? Ogni persona adulta dovrebbe sapere che prima o poi, passata la fregola, il sesso non ha più la carica bruciante dei primi tempi; se invece ha trovato in entrambi un fertile terreno affettivo-culturale, darà avvio ad un più importante e costruttivo rapporto amoroso che si nutre anche di intese e di affetti; allora anche il sesso avrà il suo profondo significato esistenziale e prenderà il ritmo più tranquillo ma sicuro di una affettuosa vita di coppia. Quando c’è l’amore vero, cioè la stima, la fiducia, la confidenza, l’intesa, tutto funziona perfettamente, anche la sessualità, seppure a un livello meno congestionato. Perciò nel periodo iniziale è più importante dedicarsi ad approfondire la conoscenza dell’altro, prima di decidere se convenga “farlo Papa”; ma ciò si può scoprire lucidamente solo se si sta lontani dal sesso, la cui cortina di fumo tutto avvolge e nasconde. Di “fare sesso” non l’ha ordinato il dottore, e tutti quelli che all’inizio d’un rapporto se ne astengono godono di ottima salute. Non è un uggioso modo di pensare da baciapile, ma saggezza antica di tutti i popoli e di tutte le culture, perfino di quelle più primitive, che hanno da sempre protetto con riti e rigide regole matrimoniali la castità e la sacralità dell’amore. Altro che favole sulla cosiddetta liberazione sessuale e sul sesso facile!
Le nostre nonne dicevano sempre (ma purtroppo le mamme di oggi non osano più insegnarlo) che se dopo la prova di un fidanzamento casto due giovani non si piantavano, era un segno d’amore duraturo. E poi non è difficile per una giovane spiegare anche ad un partner impaziente le ragioni di una scelta temporanea di castità; se lui le capisce, è già un grosso punto a suo favore; se non le capisce, significa che è un imbecille omologato, oppure uno che in testa ci ha “solo quello”; un individuo in ogni caso da lasciar perdere. Gli uomini infatti, per giustificare le proprie pressanti richieste sessuali, usavano proclamare alle ragazze credulone e facili a commuoversi (ma forse ci credevano davvero anche loro) l’idea balzana che il maschio, diversamente dalla femmina, non può trattenere la propria libidine ed ha un naturale bisogno di sfogo; il bello è che questa storia ha convinto un bel po’ di donne giovani e meno giovani, alle quali non era stato mai detto che nessuno ha avuto disturbi a causa dell’astinenza sessuale.
Con ciò non abbiamo voluto dare indicazioni categoriche né ai giovani né agli anziani ancora arzilli, indicazioni che peraltro resterebbero inascoltate; siamo convinti anzi che nessuno oggi, pur con tutta la sua buona volontà, rinuncerebbe a verificare, prima di iniziare una convivenza, l’idoneità sessuale del partner, vista anche la smodata proliferazione, anche fra i giovani, dell’impotenza, dell’omosessualità e di molte perversioni; resta comunque sempre valida l’esortazione all’astinenza almeno durante il giusto periodo di tempo in cui si sta sviluppando la conoscenza reciproca. Forse stare castamente per un po’ insieme a una persona che ci piace costa fatica sia al giovane che all’anziano, ma non si muore; e dopo se ne godranno a lungo i frutti, forse anche per tutta la vita.
Omosessualità senile
Sebbene questo libro sia dedicato alle coppie eterosessuali vecchie e giovani, non si può rinunciare a spendere qualche parola con la speranza di smorzare in tempo eventuali tentazioni omosessuali in cui spesso incorre l’anziano pur eterosessuale quando si sente abbandonato dal partner alla propria solitudine esistenziale e ai propri brucianti problemi di impotenza. Il desiderio sessuale e la sensibilità genitale sono ancora integri, anche se non trovano uno sbocco naturale per mancanza della funzione erettile; perciò è facile che nel vecchio maschio la nostalgia del proprio pene ben eretto, in passato così tanto idolatrato, si trasferisca per una sorta di vicariazione al pene di un altro maschio più giovane e potente. L’inversione sessuale del maschio è per di più incentivata dalla grande offerta reperibile ovunque e dalla grande naturalezza e simpatia con cui oggi è quasi raccomandata dai mass-media e addirittura messa arrogantemente in piazza dai cosiddetti Gay pride: non c’è da meravigliarsi se qualche labile mente di giovane o di anziano infelice ne resta affascinato. Similmente, l’omosessualità femminile può sopraggiungere per le stesse ragioni anche in un’età non più giovanile, ma è purtroppo quasi sempre conseguenza di una carenza affettiva causata da un marito che tradisce o che si è chiuso nei suoi problemi di erezione ed è incapace di cercare un dialogo aperto con la compagna.
Non è comunque cosa facile definire l’omosessualità, dato che in alcuni individui di certe specie animali si osservano forme che mimano i comportamenti destinati normalmente alla procreazione, quali i movimenti copulatori, le masturbazioni, e perfino il sesso orale. Se ci si limitasse all’osservazione esteriore e formale di questi comportamenti, si potrebbe anche pensare che l’omosessualità sia un fenomeno naturale; se tuttavia si considera che solo all’eterosessualità è affidata la riproduzione degli individui e quindi la conservazione della nostra specie, è giocoforza considerare l’omosessualità umana come una devianza priva di qualsivoglia utilità per la specie: un tipico “ramo secco dell’evoluzione”.
Purtroppo, data l’enorme diffusione dell’omosessualità, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dovuto smentire il giudizio medico corrente e la voce di popolo, sentenziando che l’omosessualità non è una patologia ma una “variante” del comportamento sessuale; è come dire che quando una cosa la si fa in molti deve essere per forza un fatto naturale. Sorge tuttavia il sospetto che tale sentenza sia stata alquanto superficiale poiché mette in un unico fascio una molteplicità di comportamenti diversi spesso soltanto apparentemente omosessuali. Per fare alcuni esempi, si pensi alle brevi esperienze omosessuali di molti adolescenti, quando una sessualità prorompente ma non ancora ben differenziata sta cercando di individuare l’oggetto sessuale; poi ci sono adulti che diventano omosessuali per necessità (carceri, collegi, conventi), adulti cosiddetti “bisex” che hanno o hanno avuto moglie, figli e famiglia, ed infine anziani che si danno all’omosessualità per disperata solitudine. Sarebbe dunque opportuno restringere la definizione di omosessualità solo a quegli adulti che fin dall’infanzia hanno provato un’attrazione continuata ed esclusiva per le persone dello stesso sesso in base ad una pulsione interna irreversibile, rinunciando per tutta la vita alla funzione riproduttiva; ebbene, non sembra che a questa classe di persone la sentenza di “normalità” emessa dall’OMS si attagli in modo del tutto congruo.
Non vogliamo negare agli omosessuali il diritto di sfogare la loro libidine come meglio credono, possibilmente senza farne arroganti chiassate dimostrative; tuttavia non si può neppure negare che una definizione dell’omosessualità così vaga ed incerta come quella su cui è fondata la sentenza dell’OMS abbia contribuito a creare confusioni nocive non solo nell’uomo della strada ma fra le stesse istituzioni sociali, matrimoniali e politiche, fino a giungere al grottesco matrimonio fra gay; dovrebbe essere il comune buon senso a dire che il legame sessuale fra due persone dello stesso sesso è quanto meno uno sberleffo fatto alla sacralità della continuazione della specie.
Quando poi si proclama l’esistenza dell’omosessualità anche in Natura, non vi è difficoltà ad ammettere che nel mondo animale gli organi sessuali vengono talvolta usati anche per una molteplicità di funzioni e fini diversi da quelli riproduttivi: esercitare ad esempio la dominanza dell’individuo più forte su di un altro del suo gruppo, mostrare sottomissione da parte del più debole o più giovane verso il più forte, guadagnarsi il favore e il cibo, o semplicemente l’amicizia di un compagno procurandogli piacere con la stimolazione dei suoi genitali; tuttavia è evidente che tutto questo rientra nelle attività di socializzazione e non è diverso dallo spulciamento, dagli annusamenti, dalle pulizie reciproche del pelo, fondamentali per mantenere la coesione del gruppo. Bisogna però chiarire che in tutti questi casi non vi è penetrazione anale né eiaculazione e che si tratta di meri atti simbolici e automatici, prova ne è il fatto che tutti questi animali mostrano, quando sono in calore, una sessualità del tutto normale.
Come ha scoperto da tempo il fondatore dell’etologia Konrad Lorenz, certi atti apparentemente omosessuali non sono altro che il puro esercizio di moduli comportamentali che fanno parte del patrimonio genetico in ugual misura di maschi e di femmine, quindi sono preesistenti allo sviluppo degli organi sessuali. In ogni animale, come anche nell’uomo, per ogni funzione della vita di relazione vi è una “famiglia” di singoli moduli comportamentali, ognuno con una vita propria e indipendente, che però si uniscono in modo coordinato quando la funzione deve essere esercitata; se questa è in stato di riposo, essi devono ugualmente essere attivati pena la loro estinzione dalla fisiologia dell’individuo. Nel gatto ad esempio fanno parte della funzione del nutrirsi diversi moduli indipendenti che vengono utilizzati tutti insieme solo quando si tratta di procacciarsi il cibo; in altre circostanze devono venire esercitati ciascuno separatamente dall’altro per mantenerli “in forma”; ecco ad esempio il modulo di stare immobile alla posta, quello di saltare in modo automatico sulla preda che si muove, quello di ghermirla piantandogli addosso gli unghielli, quello di azzannarla per ucciderla, quello infine, che fa tanto indignare i cuori sensibili, di giocare col corpicino quasi morto della preda facendolo saltellare in aria con la zampa per poterlo di nuovo ghermire. Similmente, ogni proprietario di cane conosce bene gli imbarazzanti esercizi del modulo copulatorio (uno dei tanti appartenenti alla famiglia della funzione riproduttiva) che il suo beniamino o perfino la sua beniamina esercitano abbrancandosi alle gambe di estranei, laddove nessuno vorrà affermare che le gambe di costoro siano oggetti sessuali appetiti perfino dalle femmine. I comportamenti copulatori sono diffusissimi anche nei greggi di pecore, perfino tra femmine e anche fra insospettabili giovanissimi agnelli, che con questo gioco si esercitano in vista della funzione che un giorno dovranno espletare da adulti; tuttavia nessun pastore si è mai sognato di considerarli espressioni di omosessualità, anche perché gli stessi animali, una volta raggiunta l’età della procreazione, cessano quei giochi pseudo-omosessuali e mostrano una sessualità assolutamente normale.
Dopo questi brevi cenni sull’omosessualità umana e sulla pseudo-omosessualità degli animali, nei capitoli che seguono suggeriremo alcune pratiche amorose eterosessuali adatte soprattutto al maschio anziano, quelle che gli permetteranno di donare prioritariamente piacere alla compagna e di riflesso anche a se stesso. Sarà così possibile per i due coniugi sentire fino a tarda età di essere “una sola carne”, e questa intesa, che è vera complicità, potrà addirittura trasformare totalmente la vita di un’anziana coppia intristita; ma se ne potrà giovare anche una giovane coppia che non abbia ancora sperimentato l’amore maturo e consapevole e che si è raffreddata dopo qualche anno di convivenza, oppure la coppia non più tanto giovane ma prigioniera dei veti e tabù d’una educazione convenzionale.
Questo è l’unico obiettivo della specifica trattazione che segue; non si è lesinato quindi nella circostanziata descrizione di tutti gli atti utili all’anziano che soffre per la sua deficienza erettile, purché compatibili con la naturalità della fisiologia umana, mentre se ne è esclusa quella delle pratiche contro-natura seppure di comune frequentazione, che la cosiddetta “intelligenza superiore” degli uomini, istigata dalla libidine, ha inventato con grande fantasia.
SUGGERIMENTI PRATICI
Il bacio
Il bacio è la prima esplicita forma di preludio sessuale, ma non la più leggera e superficiale; è bene infatti avere chiaro in mente che nel disegno della natura esso ha come primo scopo fisiologico di provocare un’eccitazione erotica di intensità tale da sfociare in un rapporto sessuale, anche se non sempre tale eccitazione va a buon fine. Molti credono che su un atto così naturale non ci sia niente da scoprire, così si lascia alla spontaneità e all’inventiva di ciascuno e agli insegnamenti dimostrativi del cinema la riuscita di questo importante mezzo di approccio; tuttavia non sarà inutile soffermarsi su alcuni dettagli importanti.
Si crede per esempio che per dimostrare al partner la propria passione sia obbligatorio ficcare più profondamente possibile “la lingua in gola”, quasi fosse l’evocazione o la larvata richiesta di una penetrazione vaginale; al contrario questo vezzo piuttosto brutale è addirittura controproducente, un bacio di approccio può essere molto più “convincente” se fatto con romantica delicatezza. Solo quando la forte eccitazione reciproca stia per portare o abbia già portato al rapporto sessuale, si può accettare che i movimenti della lingua diventino incontrollati e quasi selvaggi fino a spingersi nel profondo della bocca mimando la penetrazione. Ma se non si è ancora arrivati a questo punto, la lingua dovrebbe limitarsi a cercare la lingua dell’altro senza mai tentare di succhiarla troppo fortemente come una ventosa, ma adagiare la propria su quella del partner, che egli terrà morbida e soffice come un tappeto per farsela massaggiare delicatamente; coinvolge infatti molto più i sentimenti (ricordiamo ancora una volta che l’atto d’amore ha sede nel cuore) offrire al partner una lingua morbida e floscia, allargandola fino a coprire la larghezza della bocca. E’ importante che la suzione della lingua sia fatta in modo delicato perché quando la si succhia fortemente a mo’ di ventosa, si provoca un forte dolore alla sua radice, anziché il piacere che si immagina. E’ bene insistere su questo punto perché si tratta di un errore molto comune, dovuto alla credenza che tale modalità faccia sentire al partner l’intensità del proprio desiderio, mentre gli fa solo sentire un gran dolore, vagamente somigliante allo strappamento della lingua.
Bisogna osservare la regola generale che la bocca non sia mai mezza vuota a causa di due lingue dure e strette che si agitano in un cavo orale vuoto come una caverna, pena la caduta rapida del contatto; la cavità boccale dovrebbe essere tutta completamente occupata dalle lingue che si strusciano facendosi il più possibile morbide e larghe, e a questo punto la produzione di saliva sarà automaticamente così aumentata da contribuire a riempire la bocca. A questo punto si potrà biascicare, anche con la partecipazione delicata e prudente dei denti, la lingua del partner come se la si volesse masticare ed inghiottire; l’intensità e la reciprocità della passione suggeriranno anche di fare a tratti rapide sortite per spalmare di saliva anche altre parti del viso e del petto del partner. Il bacio infatti non può limitarsi alla sola bocca, ma al suo culmine può e deve essere esteso ad irrorare di saliva il viso, le orecchie, il collo, le spalle e quant’altro produca piacere al partner. Grande piacere si procura anche baciando l’ascella, ma per carità non sia depilata né abbia tracce di profumi o deodoranti. I peli ascellari hanno infatti una potente attrattiva sessuale perché richiamano alla mente quelli pubici, pertanto è molto eccitante anche per il maschio indugiare con la lingua e molta saliva nella cavità ascellare succhiando i peli ed allungando l’azione della lingua anche alla delicata e sensibile zona laterale dove ha appena inizio il seno.
Essendo il bacio sulla bocca una potente espressione dei sentimenti d’amore, esso è un importante catalizzatore dell’eccitazione e può essere protratto vantaggiosamente anche durante la copula vera e propria, perché agisce in modo sinergico assimilando simbolicamente la bocca della compagna ad una sorta di seconda vulva. Se poi durante l’atto sessuale la donna supina unisce le gambe stringendo a sé il pene e i testicoli del partner, è possibile raggiungere la sublime aderenza dei corpi dalla bocca fino ai piedi; i movimenti delle lingue possono allora accompagnare i movimenti di va e vieni del pene fino all’esplosione dell’orgasmo, momento in cui generalmente le bocche si staccano di scatto l’una dall’altra per poter emettere liberamente l’urlo del piacere insostenibile.
Mani e piedi femminili
Si dà il nome di “caratteri sessuali secondari” a tutte le parti anatomiche non genitali, capaci di attrarre con la loro forma, consistenza, odore, colore, stimolando l’interesse sessuale dell’altro sesso. Anche le mani si possono considerare far parte di questa grande famiglia; specie quelle femminili, generalmente fini e ben curate, possono essere un organo ricettivo raffinatissimo di comunicazione e di piacere, se le si sa accarezzare trasmettendo intenzionalmente segnali amorosi. Si possono semplicemente accarezzare sul dorso, si possono intrecciare le dita con quelle del partner, ma l’efficacia maggiore si ottiene tenendo fra le due mani una mano della compagna e accarezzandone il palmo col palmo della propria. Se poi scendendo con i baci lungo la parte interna del braccio si arriva al palmo della mano, lo si bacierà e leccherà con passione profondendolo di saliva anche fra le dita, le quali infine si possono infilare tutte insieme in bocca succhiandole ed eseguendo dei lievi movimenti masticatori.
Le attenzioni per i piedi femminili sono una pratica meno diffusa a causa di pregiudizi sociali che impongono ingiustamente un tabù su questa parte trascurata del corpo addossando ai pochi che la usano quasi un’aura di perversione feticista. Ma cominciamo dall’uso comunissimo di “farsi piedino” quando si è a letto; di questa gentile pratica vogliamo solo ricordare quanto essa sia in grado di comunicare erotismo ed affetto anche solo imprigionando e stringendo i piedi della compagna fra i propri. Ma una volta superati i pregiudizi e le remore, i piedi femminili (assolutamente non irrorati di profumo e dalle unghie ben limate) sono capaci di offrire sia all’uomo che alla destinataria raffinate ma anche forti sensazioni di puro piacere erotico. E’ un piacere purtroppo che si scopre più che altro nella vecchiaia, quando le risorse sono limitate; il giovane maschio ha ben altre frecce al suo arco, quindi è probabile che non ci abbia mai neppure pensato; la sua sensibilità è concentrata prevalentemente sui genitali e non è così diffusa alle altre parti del corpo, né così raffinata, da indurlo ad esplorare la sensibilità erogena dei piedi femminili.
Invece grande piacere può provare anche il maschio ad accarezzare e stropicciare delicatamente i piedi della compagna indugiando lungamente fra le pieghe e gli interstizi delle dita. Se si vuole aggiungere a questo piacere anche l’effetto sorpresa, si può iniziare con i baci da più in alto: facendo girare la compagna sulla pancia, si coprono di baci la schiena e le natiche (queste ultime, zone molto erogene), poi si passa con i baci alla parte interna delle cosce e delle gambe scendendo sempre più giù fino alle caviglie (altra insospettata zona erogena) e infine, facendo flettere all’indietro e verso l’alto le gambe in modo che offrano allo sguardo la pianta dei piedi (ricordiamo che la donna è ancora in posizione prona, sulla pancia), si accarezzano, massaggiano, stropicciano, e infine si leccano e mordicchiano a sazietà con grande profusione di saliva soprattutto sulla pianta, insinuando la lingua fra le dita e indugiando nel morbido solco che le separa dalla pianta; poi con decisione si infilano in bocca e in gola il più profondamente possibile tutte insieme le dita del tenero piedino e tutto ciò che di questo si riesce a farvi entrare, quasi come per mangiarselo, con delicati ma veri movimenti masticatori cui parteciperanno, seppure con prudenza, anche i denti. Non si ha idea di quanto piacere erotico possano provocare in una donna queste manovre ma soprattutto l’ingoiamento improvviso e inaspettato del piede; ma anche il maschio sarà sorpreso dal piacere che ne ricava lui stesso “mangiandosi” i gentili piedi femminili.
Genitali femminili
Molti maschi egoisti e disattenti non sentono, o peggio non hanno mai sentito, la necessità di preparare scrupolosamente la compagna alla penetrazione vaginale portandola ad un congruo livello di eccitazione; questa infatti è generalmente più lenta ad instaurarsi che nel maschio e richiede che egli vi si dedichi più a lungo e con più pazienza. Quasi sempre l’indole passiva delle donne fa sì che si accontentino delle scorciatoie prese dal marito a loro spese, ma tale trascuratezza si traduce per loro in una delle principali cause di anorgasmia; le statistiche infatti sono lì a testimoniare l’enorme numero di donne che non hanno mai avuto un orgasmo, o lo hanno solo quando si masturbano. Nel caso dell’anziano con scarsa erezione, questa fase della preparazione femminile è invece assolutamente irrinunciabile in quanto risulterebbe molto difficile la penetrazione senza la partecipazione eccitata della compagna e senza un’adeguata lubrificazione. Poiché dunque molti mariti, che non esiteremo a definire rozzi, dopo un po’ di vita in comune sembrano colti da pigrizia e credono di poter saltare questa fase preparatoria oppure l’hanno dimenticata, non sarà inutile ricordarne i punti più salienti.
Dopo l’affettuoso e rigenerante abbraccio delle reciproche nudità e le carezze estese a tutto il corpo, la vulva è la principale zona erogena cui dedicare le attenzioni più delicate. Ove sia presente sufficiente secrezione vaginale, già il semplice strusciamento con le dita è sufficiente a provocare nella compagna un fremito di piacere, che sarà più forte se si fa scivolare un dito avanti e indietro fra le piccole labbra premendo di quando in quando sull’orifizio vaginale per poi risalire in su fino al clitoride. Se la compagna non è ancora sufficientemente eccitata, non sempre è facile trovare questo sensibilissimo organo del piacere femminile che è embriologicamente l’omologo del pene maschile, perché le sue dimensioni variano moltissimo individualmente e secondo l’eccitazione; man mano che questa aumenta, esso si inturgidisce e può anche protendere in fuori quasi come un piccolissimo pene. Se tuttavia non si riuscisse a localizzarlo, non fa niente: quella zona è molto sensibile e sarà sufficiente passarvi il dito ben inumidito di secrezione vaginale o, in sua mancanza, bagnato di saliva, per una delicata stimolazione; sarà la reazione della compagna a indicare il punto più giusto.
Generalmente nella donna anziana la secrezione vaginale non è abbondante come nella giovane, ma questa deficienza è generalmente dipendente dalle scarse attenzioni del maschio oltre che dalla relativa resistenza dell’anziana compagna a lasciarsi andare. Se comunque per qualsiasi motivo non si fosse ancora formata sufficiente secrezione, prima di procedere oltre occorre assolutamente attendere che aumenti l’eccitazione oppure lubrificare la parte con qualsiasi mezzo. Se le piccole labbra sono asciutte e chiuse, è controproducente strusciarvi le dita divaricando le grandi labbra; non si raccomanderà quindi mai abbastanza l’uso della saliva calda raccolta estemporaneamente fra le dita, unite a mo’ di coppetta, per portarla abbondantemente sulla vulva, anziché l’uso spoetizzante del più artificioso e per di più gelido gel, che si deve oltretutto anche spremere dal tubetto. L’umettazione di saliva, eseguita in questo modo con la mano, agisce già da stimolazione erotica, ma dovrà essere ripetuta frequentemente, soprattutto prima della penetrazione, perché la saliva si asciuga rapidamente.
Non è comunque consigliabile insistere a lungo con la stimolazione del solo clitoride, pena la diminuzione del piacere per una sorta di assuefazione: è meglio alternarla con quella delle piccole labbra e con quella dell’orifizio vaginale. Quest’ultimo si stimola affacciandosi brevemente nell’orifizio con un dito ben umido e massaggiandone delicatamente l’orlo interno con piccole escursioni di va e vieni senza penetrare, per il momento, più profondamente. Il massimo piacere si procura comunque sempre variando le zone delle stimolazioni e ponendo ovviamente attenzione alle reazioni della compagna in modo da adattarsi ai suoi gusti. Una discreta secrezione vaginale non tarderà molto ad apparire all’esterno anche in una donna anziana e a questo punto il montare dell’eccitazione in entrambi i partner richiederebbe l’introduzione del pene in vagina.
Purtroppo la coppia in cui il maschio soffre di disfunzione erettile grave dovrà accontentarsi della sola penetrazione a fondo di un dito, familiarmente conosciuta come “ditalino”. Dopo aver bagnato abbondantemente la vulva di saliva e dopo le prime caute prove di penetrazione con un dito qualsiasi, è consigliabile l’uso del solo pollice, con l’unghia ovviamente molto corta e smussa, preventivamente tenuto in bocca alcuni istanti per ammorbidirne la pelle. Il pollice è il dito più idoneo non solo perché è più comodo e si evita l’ostacolo ingombrante delle altre dita costrette inevitabilmente di traverso fra le cosce, ma perché è il più voluminoso: affondandolo totalmente fino alla radice, dove inizia il palmo della mano e dove il suo spessore è massimo, si riesce a dilatare molto di più la bocca della vagina coinvolgendo efficacemente anche le piccole labbra e il soprastante clitoride fino ad arrivare in fondo e a stimolare la cervice uterina come farebbe un pene normale. E’ necessario raccomandare la massima prudenza e gentilezza, perché la mucosa vaginale della donna anziana è molto più delicata; se tuttavia in questa manovra si eseguiranno dei lenti movimenti di avanti e indietro che mimino i movimenti copulatori, è probabile che la donna raggiunga l’orgasmo, mentre il maschio, per una immedesimazione empatica a livello cerebrale, avrà la piacevole illusione di affondare nella vagina col pene. La posizione migliore è che il maschio stia col corpo sopra a quello della compagna come per il coito vero e proprio, ma lasciando un varco sufficiente fra le cosce per potere introdurre il pollice; se a questo atto si associerà anche il bacio appassionato sulla bocca, si riuscirà a dimenticare che si tratta in realtà di una masturbazione e si farà sentire alla compagna tutta la tenerezza e la dedizione del proprio sentimento amoroso.
Cunnilingus e fellatio
Dopo il bacio sulla bocca, alle mani, ai piedi, e la stimolazione manuale della vulva, il cunnilingus è l’atto più efficace e più gradito alle donne per provocare la massima eccitazione, anche se non sempre l’orgasmo. La sua esecuzione può avvenire nelle posizioni più diverse secondo i gusti individuali, ma una delle più diffuse è quella cosiddetta del “sessantanove”, dove i corpi si dispongono uno sopra l’altro, o di fianco, ma in direzioni invertite, in modo che ciascun partner possa manipolare con le mani o con la bocca il sesso dell’altro. Nel caso abbastanza frequente che la consorte, pur gradendo moltissimo il leccamento della vulva (cunnilingus), non se la senta di succhiare il pene del compagno (fellatio), potrà lo stesso eccitarlo e dargli piacere manipolandogli il pene e i testicoli con efficaci carezze.
Non ci soffermeremo sulla fellatio, ovvero succhiamento del pene volgarmente detto “pompino”, pur essendo una pratica molto apprezzata dai maschi, in quanto la consideriamo espressione dell’ancestrale sudditanza della femmina, a maggior ragione se venisse richiesto il cosiddetto “ingoio” dello sperma. Quest’ultima pratica è generalmente ancor meno gradita alla donna comune; e tale avversione è perfettamente comprensibile dato che nel “pompino” lo sperma è degradato dal nobile rango di “seme” a vera e propria sordida deiezione maschile, e l’ingoio quindi ad estremo vilipendio e asservimento della donna. Ma che anche senza l’ingoio la fellatio sia una forma degradata e degradante di sessualità dovrebbe essere altrettanto chiaro, quando si consideri che da millenni alla donna è stata inculcata con ogni mezzo da una prevaricatrice società patriarcale l’adorazione supina e ingiustificata del dio Priapo come datore di vita, mentre, se si prescinde da quell’unico contributo di DNA apportato dal pene durante la fecondazione, il reale impegno materiale ed energetico di esso è assolutamente irrisorio rispetto a quello della vera matrice della vita, la Vulva, ancestrale metafora della Grande Madre Fattrice. L’adorazione del dio Priapo, lungi dall’aver significato fin dall’antichità, come generalmente si crede, preghiera e auspicio di fecondazione da parte della donna, si configura dunque piuttosto come simbolo di una autoritaria superiorità maschile da adorare e a cui sottomettersi, mentre la vulva è stata nella storia patriarcale dell’umanità quasi sempre relegata ad umile oggetto di lussuria assegnandole i nomi più fantasiosamente volgari e spregiativi. Nella preistoria al contrario essa era adorata per la sua nobile funzione di Generatrice della Vita, come testimoniano le innumerevoli statuette votive dalla enorme vulva in mezzo a delle cosce altrettanto enormi.
Per tutte queste ragioni preferiamo ignorare la fellatio e parlare invece del cunnilingus, come atto di devozione filiale del maschio alla Grande Madre che la vulva rappresenta, visto che tutti noi siamo una volta materialmente usciti da Lei come individui senzienti e pensanti, e a Lei ancora una volta ci volgiamo per rientrare nel Mare Profondo del suo grembo col nostro piccolo io nobilitato al rango di Seme.
La posizione più comoda ed efficace per baciare la vulva è quella in cui l’uomo sia supino e la donna si disponga sopra di lui a gambe divaricate e a cavallo del suo viso, ma col petto e la faccia rivolta verso il pene; la vulva si verrà a trovare proprio sopra la sua bocca e le cosce di lei saranno dunque all’incirca all’altezza delle ascelle o del collo dell’uomo ed egli potrà agevolmente cingere cosce e natiche con le sue braccia o allargarle abbrancandole con le mani. Avrà così una visione panoramica e minutamente “topografica” molto eccitante di tutta la vulva, dell’ano, e delle natiche, e potrà dedicarsi con le dita e la lingua alla stimolazione dell’intera parte, che in questa posizione si presenterà in tutta la sua bellezza di splendida orchidea da annusare, baciare e inondare di saliva. Potrà leccare e succhiare uno ad uno ogni piccolo anfratto, ma ovviamente le sue attenzioni saranno prioritariamente dedicate al clitoride, che provoca nella compagna il piacere più potente; se poi la natura lo ha fornito d’una lingua muscolosa, sufficientemente lunga, dura e appuntita, potrà anche penetrare nell’orifizio vaginale mimando i movimenti di va e vieni d’un pene. In questa posizione l’uomo può eventualmente associare alla suzione del clitoride la contemporanea penetrazione vaginale con un dito e può anche provocare nella compagna, e provare lui stesso, un ulteriore brivido di piacere leccando il contorno dell'ano dell’amata. Si tratta di una posizione molto comoda per ambedue, ma se la donna nondimeno fosse stanca di stare accucciata in prossimità della bocca del partner, potrà puntare le ginocchia sul letto, o addirittura riposarsi sedendo con la vulva e con tutto il suo peso direttamente sopra la bocca del partner; egli potrà così godere di un grosso supplemento di piacere sentendosi abbracciare il viso da vulva, ano, cosce e natiche calde tutte insieme, e potrà anche per il piacere della compagna ficcare la punta del naso, a mo’ di pene, nell’orifizio della vagina.
Coito
Pur senza scoraggiarsi, bisogna considerare che nella coppia di anziani il coito non potrà mai essere un atto così ovvio, istintivo e immediato come da giovani, ma sarà sempre almeno un poco problematico e richiederà quindi una certa riflessiva consapevolezza. Il maschio dovrà probabilmente accettare senza drammi che non può più contare su quella durezza e costanza del pene di cui andava fiero da giovane; ciononostante, purché l’impotenza non sia assoluta, non mancherà ai due sposi il piacere e il conforto della penetrazione, che per loro è il simbolo dell’unione di anima e corpo.
Prima di parlare di posizioni, diamo per ovvio e scontato che i maturi partner non si lascino tentare neanche da una sola delle famose e acrobatiche posizioni del Kamasutra, non solo perché poco adatte alla loro diminuita agilità, ma perché consone alla curiosità lussuriosa e giocherellona dei giovani, piuttosto che all’amore profondo e consapevole d’una coppia matura. Ciò non significa comunque dover bandire la fantasia e ricadere nella vecchia routine dei grigi rapporti frettolosi, poiché anche nell’ambito più ristretto della normalità c’è un discreto assortimento di posizioni adatte all’età matura e capaci di soddisfare la fantasia. Anche infatti ad una coppia di anziani che si ama potrà succedere qualche volta di concedersi la ricerca del sesso per il sesso, ma nel supremo congiungimento essi conserveranno sempre quel sentimento estatico, piuttosto che carnale, che hanno già potuto gustare, in piccolo, col semplice abbraccio delle reciproche nudità; il congiungimento non è infatti sentito da due sposi come un piacere fine a se stesso, ma come conferma della profondità della loro unione e del loro affetto.
La parola “sesso” dovrebbe quindi essere abolita dal loro vocabolario e sostituita dalla parola “Amore”; si dovrebbe dire “fare all’amore”, e mai usare l’orrenda espressione consumistica di “fare sesso”, oggi purtroppo di moda. Può costituire eccezione invece anche un linguaggio scurrile, se usato nella strettissima intimità dell’alcova; non è male infatti che una sposa, pur allevata con una severa educazione religiosa, venga a poco a poco abituata anche all’uso di parole da lei finora considerate volgari, ma che hanno validità universale e funzione erotizzante sia per lei stessa che per il compagno; nulla infatti è più eccitante e gratificante che sentire una moglie nel parossismo del trasporto amoroso incitarlo con le espressioni più appropriate, quali ad esempio “chiavami, chiavami”, che lungi da essere in questo caso volgari, esprimono il purissimo anelito d’una sposa ad essere col suo sposo una sola carne e una sola anima: un anelito che non occorre essere religiosi per sentirne la naturale, profonda, ancestrale sacralità.
Ciò premesso, la posizione più diffusa per il coito è detta, con una espressione un po’ comica, “del missionario”, o “del frate”, essendo forse quella imposta da missionari troppo impiccioni e zelanti agli indigeni che praticavano “l’animalesco” coito da tergo. Essa offre più d’una variante; quella più comune vede la donna supina a gambe divaricate e distese, al massimo leggermente piegate, che per l’introduzione del pene è certamente la posizione più semplice e facile anche in caso di scarsa erezione. Non si raccomanderà mai abbastanza di penetrare col pene solo quando la vulva è lubrificata da copiosa secrezione vaginale; se questa non fosse presente in quantità sufficiente, è assolutamente necessario prolungare le lubrificazioni a base di saliva. Ciò non solo per proteggere le delicate mucose da possibili escoriazioni specialmente se frugate con le dita, ma anche per facilitare l’introduzione di un pene scarsamente eretto che grazie alla forte lubrificazione dovrebbe potervi quasi scivolare dentro. In difetto di lubrificazione, l’introduzione di un pene troppo molle risulterebbe molto difficile fino quasi a impossibile.
Come già più volte ricordato, bisogna tenere sempre a mente che la fugace erezione dell’anziano è spesso alla mercé delle più contingenti condizioni psicologiche, ambientali, e perfino anatomiche, e potrebbe cessare del tutto alla minima difficoltà anche quando il pene è vicino alla vulva e sembrerebbe pronto per esservi introdotto: basta un piccolo errore di “rotta”, una posizione leggermente viziata della donna o un ciuffetto di peli per traverso, ma anche un ostacolo imprevisto di lenzuola o coperte, per fare svanire l’erezione specie in soggetti sensibili e ansiosi. Anche la compagna dovrà quindi collaborare assicurandosi di farsi trovare col corpo nella posizione supina più favorevole e controllando che ogni altra cosa sia a posto. Se tuttavia, nonostante tutte le precauzioni, l’introduzione del pene fosse fallita e l’insuccesso avesse fatto cadere l’eccitazione della compagna e fortemente imbarazzato il maschio, è generalmente sconsigliabile ripetere di nuovo il ciclo delle stimolazioni e delle umettazioni di saliva per tentare una seconda penetrazione; è bene invece attenersi al saggio consiglio del “prevenire prima che rimediare” intervenendo prontamente ai primi timori o avvisaglie dell’insuccesso e prima che l’eccitazione della donna rallenti, introducendo in vagina almeno il pollice bagnato di saliva e facendo arrivare in tal modo all’orgasmo almeno la compagna; se il marito è veramente innamorato della sua sposa, godrà lo stesso nel soddisfarla immedesimandosi nel piacere di lei.
Come alternativa alla posizione del missionario, c’è anche quella inversa, in cui la donna sta sopra al maschio, in una posizione che suggerisce vagamente una sua dominanza; volendo speculare sul significato di questa posizione, si potrebbe interpretare come atto simbolico d’una rivalsa femminista sull’ancestrale dominazione maschile. Essa si vede molto comunemente nei film americani, ma su di essa non c’è molto da dire tranne che la penetrazione risulta quasi impossibile per i peni che non siano più che normalmente eretti
Nel caso che l’esperienza faccia temere il cedimento di una precaria erezione anche a penetrazione avvenuta, si chieda alla compagna, prima che l’inconveniente succeda, di riunire le gambe che prima aveva divaricate, ma con un movimento che dovrà eseguire lentamente e con cautela per non far scivolare fuori il pene che si sta afflosciando; in tal modo stringerà anche con le cosce e le grandi labbra della vulva il membro e i testicoli del partner impedendone la fuoriuscita; simultaneamente, con un movimento altrettanto cauto, sarà stato il compagno a divaricare le gambe che prima teneva unite, in modo da abbracciare e stringere strettamente fra le sue cosce quelle della compagna, quasi come se effettivamente la cavalcasse. In tale posizione il pene, costretto dentro la vagina, potrebbe anche aumentare di consistenza e comunque riuscire ad effettuare movimenti copulatori efficaci, facendo però attenzione a non scivolare fuori durante il movimento all’indietro. Si ricordi infatti che la zona è stata resa molto scivolosa per la secrezione vaginale o per l’abbondante saliva profusa allo scopo di facilitare la penetrazione; anche per questo motivo, nel movimento di “va e vieni” le escursioni dovranno essere alquanto ridotte; tuttavia il pericolo di scivolare fuori dalla vagina è ora molto minore in quanto le cosce strette della donna formano insieme alle grandi labbra una sorta di canale di sicurezza, quasi un prolungamento esterno della vagina che funge da guida. Naturalmente questa riduzione delle escursioni è un po’ limitante, ma è un handicap abbondantemente compensato dalla esaltante percezione dell’intimo contatto con tutto il corpo dell’amata: se il marito terrà ben strette fra le sue cosce quelle della moglie, ecco che le gambe, il ventre, e il petto dell’uno e dell’altra saranno come incollati; il contatto sarà ancora più intimo se vi parteciperanno anche le bocche e le lingue in un bacio continuo. Non vi è dubbio che questa posizione permette di provare l’intensa gioia della suprema fusione e il sentimento di essere col coniuge un’unica persona; per tutto questo, è forse la posizione che più facilmente di tutte porta la donna all’orgasmo, anche con erezioni del pene che poco prima sembravano insufficienti.
Una posizione meno “spirituale” e seriosa, ma sensualmente più godereccia, da scegliere come alternativa quando vi è una discreta erezione che tuttavia si teme precaria, è quella di tornare alla posizione di partenza “del missionario” con la donna a gambe divaricate; dopo la penetrazione, il partner, puntellandosi sul letto con le mani, inarca all’indietro il busto e le spalle allontanandosi dal petto della donna ad una distanza tale che lei, alzando le gambe, possa appoggiarle sulle spalle di lui permettendogli così di provare anche l’intenso piacere di abbrancare contemporaneamente le sue ricche natiche e di mantenere anche il controllo su eventuali movimenti eccessivi che possano portare alla fuoriuscita del pene. Data la flessione estrema delle cosce e delle gambe della donna e la fatica del maschio per restare con le braccia puntellate sul letto, non è una posizione sostenibile a lungo per nessuno, ma permette una più profonda penetrazione del pene specie se poco eretto. Quando la donna fosse stanca di tenere le gambe così flesse, basta che le tolga dalle spalle del partner e le abbassi con cautela tornando alla primitiva posizione “del missionario”.
Una variante della precedente, ancora più sensuale ma soprattutto meno faticosa, consiste nel disporre la compagna sdraiata di traverso sul letto con le natiche proprio sul bordo e a gambe larghe ed alzate, che dopo la penetrazione potrà appoggiare sulle spalle del partner come nella posizione precedente, mentre l’uomo potrà stare comodamente coi piedi per terra o in ginocchio, a seconda dell’altezza del letto, e il pene all’incirca all’altezza della vagina; questa posizione permette una penetrazione più facile anche per un pene scarsamente eretto, ed è meno stancante per la donna, che non deve tenere le gambe così flesse come nella posizione precedente.
Un’altra variante, molto sensuale perché evoca il nostro ancestrale passato ferino, vuole che la donna si disponga sulla sponda del letto sdraiata sulla pancia anziché sulla schiena e appoggi i piedi o le ginocchia sul pavimento; la posizione del partner invece resta la stessa della precedente. Questa posizione, detta familiarmente “a pecorina”, vuole la penetrazione in vagina dal di dietro ed è in generale molto apprezzata da tutte le donne che si siano liberate dell’antica condanna dei santi missionari, mentre al maschio permette di godere anche della pressione estremamente eccitante delle turgide natiche della femmina sul suo inguine ed il basso ventre, pur stando comodamente in piedi o in ginocchio come nella variante precedente.
Qualsivoglia posizione tuttavia si scelga, è importante ricordare che anche se l’erezione fosse così scarsa da non permettere dei corretti movimenti copulatori a causa del pericolo della fuoriuscita del pene, è sufficiente la semplice penetrazione e il semplice soggiorno in vagina di un pene quasi immobile a indurre nella coppia il profondo sentimento di unione cui anelano, che è il vero traguardo che auguriamo a tutti di raggiungere.
E’ utile infine per tutti coloro che soffrono di disfunzioni erettili sapere che al risveglio mattutino, se ancora non hanno urinato, è più facile avere erezioni sufficienti, grazie alla pressione della vescica sui nervi addetti all’erezione e contemporaneamente sulle vene reflue dai corpi cavernosi.
A questo punto escludiamo deliberatamente di trattare la sodomia, seppure eterosessuale e seppure fra marito e moglie, perché la riteniamo una pratica decisamente contro-natura, e questo valga per giovani e vecchi: l’introduzione del pene in un organo creato dalla Natura solo per la defecazione è, a prescindere da considerazioni di salute, di igiene e di decenza, una pratica che dovrebbe offendere la donna per l’evidente richiamo simbolico all’antica dominanza del maschio; una pratica cui comunque è ostile la maggior parte delle donne e dovrebbe essere inaccettabile anche dal maschio che cerca sopra ogni altra cosa l’amore e la profonda unione con la compagna piuttosto che il brivido della trasgressione.
Conclusione
Durante la trattazione della materia ci è capitato spesso di usare la parola, forse troppo in voga e ormai trita, di “complicità”; questa parola ha in sé una sfumatura che allude ad una sorta di correità in un’azione illecita, un concetto che esula assolutamente dalle nostre intenzioni; essa tuttavia non ha eguali per esprimere quella particolare intesa sessuale sperimentata dalle coppie molto unite, che si manifesta come consapevolezza della propria carnalità e del piacere reciproco che se ne può trarre. Ribadiamo infatti che la sessualità è strettamente legata all’affettività ed è quindi il cemento dell’unione più che sacrosanta fra un uomo e una donna. Essa può essere recuperata anche da una coppia di anziani inariditi da una lunga coabitazione priva di intesa e dialogo, purché abbiano il sincero desiderio di riprendersi quella pienezza e gioia di vivere cui hanno abdicato e che rende meraviglioso il soggiorno in questa “valle di lacrime”. In mancanza di questo desiderio consapevole, qualunque sforzo sarebbe inutile; inutile anche l’atto di abbracciare le reciproche nudità raccomandato in questo libro, se esso fosse fatto senza la profonda convinzione che l’amore è l’unica salvezza contro la solitudine, la malattia, la morte, e che occorra ad ogni costo ricuperarlo e conservarlo. Quell’abbraccio, se sostenuto da un minimo di disponibilità di entrambi, ha il magico effetto di sciogliere ogni nube, rancore, riserva mentale, tristezza, siano essi di vecchia data o si siano creati durante la giornata, ed è fondato sul principio che è biologicamente impossibile non rispondere con amore ad una donazione d’amore, impossibile non essere gentili con chi ci ha così intimamente abbracciati mettendo a nudo il corpo e l’anima. Se non temessimo di essere blasfemi, diremmo che dobbiamo a Cristo l’insegnamento di questo ancestrale principio biologico: l’Amore, che è capace di ammansire non solo il nemico che ci aggredisce, ma anche quello che si annida in noi sotto forma di astiosi e negativi pensieri. Una vittoria su questi nemici e il raggiungimento di un’amorosa complicità fra gli amanti è una vittoria da festeggiare brindando gioiosamente insieme; e questo è ciò che auguriamo ai lettori del nostro modesto libretto. |