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DILETTA SPOSA
Questo poemetto, pubblicato nel 2003 in un’edizione fuori commercio, si ispira al testo sacro buddista conosciuto come “Libro tibetano dei morti”, il cui titolo originale può essere tradotto come Il libro che conduce alla salvezza dell'esistenza intermedia solo che lo si senta recitare, poiché si fonda sulla concezione che dopo la cessazione delle funzioni vitali restino vive ancora per vari giorni, in uno stato di pre-morte, le facoltà percettive del defunto. Il testo sacro spiega ciò che nelle varie fasi che si succedono alla morte fisica ciascuna persona incontrerà nell’Aldilà: immagini divine e apparizioni infernali, false luci del Vero che sembrano verosimili, e fioche luminosità accattivanti ma diabolicamente ingannevoli perché specchio dell’attaccamento alle passioni terrene. La liberazione dalle esperienze terribili cui si è destinati dopo la morte dipende dalla capacità di riconoscere la luce giusta - che abbaglia perché Luce di Verità - e di abbandonarsi ad essa. Udendo recitare da un amico o da un maestro le esortazioni dei sacri insegnamenti quando si trova in quello stato di pre-morte, il defunto può essere guidato più facilmente verso l’atteggiamento corretto e salvarsi.
Anche il mondo occidentale ha avuto da sempre notizie di uno stato di pre-morte: è noto che tutti quelli che sono usciti da un coma profondo parlano concordemente di apparizioni, luminosità, lunghi tunnel al cui termine incontravano, avvolti dalla Luce, i propri cari da tempo defunti. Quanto antiche siano tali conoscenze si può arguire ad esempio dalla celebre rappresentazione quasi fotografica del “Tunnel” nel dipinto di Jeronimus Bosch Ascesa all’Empireo.
Tu che sei la mia sposa diletta
e m’hai guidato con amore e saggezza
fra le luci e gli orrori del mondo
sai che presto verrà il compimento
della lunga mia vita corporale.
Ti ringrazio per averla protetta
in questo viaggio e resa tanto felice
che ormai senza timore né rimpianti
mi posso apprestare a lasciarla,
sazio di conoscenza e d’amore.
Ma anche la piccola luce
che ami e conosci del mio io
è nata da una Luce infinitamente
più grande, che i miei sensi ciechi
possono soltanto indovinare
oltre l’orizzonte della vita
poiché la labile memoria distratta
dalle luci e dai rumori quotidiani
l’ha colpevolmente dimenticata.
Ora aspira ardentemente a riconoscere
quella Luce che è la vera Luce
per farla finalmente sua
e abbandonarsi esausta alle sue braccia.
Sai quanto questa piccola anima,
che ondeggiava smarrita senza patria
nell’oceano pauroso del cosmo,
sia fiorita accanto alla tua
ed abbia dato con te i buoni frutti
che ci hanno riempiti di gioia
nel pur piccolo e semplice corpo
che un dì ci era stato affidato.
Sai quanto mi piacesse guardarti
tutta quanta raccolta nei miei occhi
anche con l’amore imperfetto
dei sensi, e sai quanto amassi
il tuo grembo pieno di grazia
immeritatamente donatomi
certo da una Mano divina
per farne con me una sola carne.
Sai anche quanto la mia anima
sia ancora congiunta alla tua carne,
prigioniera di tutte le bellezze
che sono in te e delle buone cose
che vollero allietarci la vita
e ci resero sposi felici;
era come se l’anima mia
fosse dentro alla tua, e la tua
nella mia, e crescessero insieme
saldandosi in un nodo inestricabile,
poi che il mio attaccamento per te
di giorno in giorno è diventato più forte
nonostante la vecchiezza incalzante.
E questo è stato certo il bene
più grande che potesse accadermi
nella lunga mia vita corporale.
Ma un giorno dovrà pur venire
la tristissima ora del distacco
da tutta questa troppa felicità;
il dolore che già mi preme il cuore
annuncia che sarà penoso
separarmi dalla tua persona;
temo che il mio pavido spirito
non sia capace di tagliare i lacci
che mi uniscono a te ed alle gioie
vissute insieme nel mondo a noi caro
pur sapendo ch’era fatto di luci
prossime fatalmente a morire;
temo che quei lacci saranno
un carcere dorato di ricordi
che distrarrà la mia anima dubbiosa
dal distinguere senza esitazioni
la Luce vera dalle false luci,
e forse non saprà staccarsi in tempo
dal proprio corpo prima del suo estremo
disfacimento, prima di soccombere
insieme a lui, prima di potere
forse mai riconoscere Dio.
La Vera Luce infatti può essere
così forte da apparire al morto
accecante e perfino terrifica,
quindi difficile da riconoscere
come Luce divina d’Amore
a chi con passo incerto e senza guida
s’avventura nel mondo sconosciuto
e pauroso della Vita Intermedia;
temo che le luci a me care
del vecchio mondo che starò abbandonando
mi saranno ancora per molto
le più calde, le più seducenti,
e chi è ancora così fortemente
attaccato col suo spirito semplice
alle fate Morgane che appaiono
durante la Vita Intermedia
ma che sono opera dei dèmoni
avrà il cuore appesantito dalle scorie
e non potrà presentarsi all’Invisibile
per avere la salvezza agognata,
ma dovrà trascinare il suo Karma
ancora a lungo in un corpo più rozzo
in cui dovrà fatalmente reincarnarsi.
Ma quando sarà giunto il momento,
e i dottori ti diranno brutalmente
misurandomi coi loro apparecchi
che il tuo sposo ormai non è più,
non devi credergli: sappi che quel corpo
non è ancora totalmente morto,
le sue cellule ancora per molto
tenteranno di unire le forze
per restare tutte insieme come un giorno
e mantenere integro quell’Io
tanto amato e che sta per disgregarsi.
Anche se immobile e freddo,
il suo spirito aleggia vicino,
i suoi sensi sono ancora desti,
egli sente e forse vede, forse anche
desidera avvolgersi ancora
al tuo corpo così buono e caldo
in un dolce ma impotente abbraccio;
oh che piacere
se tu lo abbracciassi e baciassi
ancora una volta dolcemente
cercando il mio viso col tuo
anche se pieno di lacrime,
se ancora una volta facessi
come se non fosse mai cessata
questa nostra lunga vita d’amore!
Ma ti prego, non dovrai più farlo;
questo stato di morte-pre-morte
è una Vita Intermedia in cui l’anima
sosta frastornata, ancora incerta
se liberarsi dai lacci dei ricordi
per correre verso la Luce;
i ricordi sono caldi e buoni,
i lacci corporali sono forti,
e il tuo uomo è ancora tutto avvolto
dal tuo amore e da quello del Creato;
è ancora solo un corpo di bambino
col suo spirito tenacemente attaccato
come un tempo al dolce seno della Mamma;
anche Lei ora sta davanti a me,
ma il suo sorriso prodigiosamente
è diventato quello amato del tuo viso.
Non devi più farlo, anche a costo
di piangere a lungo le tue lacrime.
Io non sono fra gli spiriti eletti
che in vita hanno vissuto santamente
e meditato sui precetti dei Sapienti
con occhio puro contemplando solo il Bene
e tenendo lontana da sé
ogni brama di piaceri corporali.
Solo i pochi che nel mare della vita
hanno visto chiaramente come un faro
soltanto la Luce del Vero
ora non avranno difficoltà
a riconoscerla senza alcun timore
anche nell’Esistenza Intermedia
né ad entrarvi, e avranno l’anima salva
perché potranno finalmente ricongiungersi
con la Madre della Luce che un giorno
li aveva teneramente partoriti.
Quelli come me ch’ebbero in sorte
di amarti dolce sposa così tanto
da non riuscire a staccarsi da te
un solo giorno; tutti quelli che soffrono
a lasciare le cose troppo amate,
tutti quelli che rimpiangono la vita
e temono a lasciarla pur sapendo
ch’è fatta di immagini apparenti,
di effimeri chimismi corporali,
di sogni che sfumano all’alba
del risveglio alla Vera Nuova Vita,
oh mia troppo amata, amata sposa,
mia terraferma, mia isola, mio scoglio,
quelli come me hanno bisogno
che una guida severa e amorosa
li aiuti a staccarsi dal mondo
ricordandogli i precetti dei Sapienti
per superare gli ostacoli voraci
di fantasmi ed attraenti allucinazioni
che affliggono la Vita Intermedia,
e potere attraversare il Tunnel
riuscendo a distinguere fra tante
la Vera Luce, ch’è solo di Dio.
Quando infatti la persona ha cessato
di respirare non ha ancora abbandonato
il corpo fisico, è entrata nei meandri
labirintici della Vita Intermedia
dove ancora la mente si dibatte
fra giostre ingannevoli di luci
ed ombre tenebrose, fra ricordi
dolcissimi e immagini orribili,
tra fate seducenti e paure
che impediscono all’anima del morto
di riconoscere la via della Luce:
una vera tempesta nella mente
di chi cerca a tutti i costi di rivivere
la vecchia vita in un corpo già morto.
Ma se ascoltano i precetti dei Sapienti,
anche quelli per cui era difficile
rinunciare alle lusinghe del mondo
potranno ravvedersi e riconoscere
la Grande Luce; gli altri appesantiti
dalla fame di piaceri materiali
e intossicati da una vita infelice
di azioni egoistiche e turpi
dovranno ancora a lungo purificarsi
ritornando alla materia mortale
come uomini infami o animali
per rimettere i propri peccati
e poi con una nuova morte
ripetere ancora una volta
l’esperienza della Vita Intermedia,
cercare con fatica e dolore
di distinguere la Luce lontana.
Se tu, mia sposa diletta,
vuoi essermi angelo e guida
anche dopo il mio ultimo sospiro
e aiutare il mio spirito dubbioso,
lascia ancora, ti prego, il mio corpo
sul letto della nostra santa unione,
non lasciare che mani frettolose
ricoprano brutalmente di terra
questo corpo che forse è già freddo
ma che sente ancora così forte
il calore amoroso del tuo corpo,
stenditi ti prego accanto a me
che hai tanto amato, ma non piangere mai;
se vuoi salvarmi, ti prego, sii tu
a guidarmi nel turbine oscuro
della Vita Intermedia, a mostrami
il tunnel che dovrò attraversare
frastornato dai lampi dei sensi
e dagli astuti insidiosi incantesimi
della vecchia mia vita corporale,
la quale cercherà con ogni mezzo
di trattenere per sempre il mio spirito
nella tomba d’una carne disfatta;
ti prego, mia sposa diletta,
ripetimi a lungo all’orecchio
le antiche esortazioni dei Sapienti,
sì che possa ravvedermi e riconoscere
la giusta luce per vivere soltanto
la vera mia ultima nascita.
Appena è cessato il respiro,
devi pormi le tue labbra amorose
vicinissime al mio orecchio corporale
per farti bene udire dai miei sensi
certo ottusi dalla tabe incipiente
e che sempre di più si ottunderanno
fino a spegnersi presto del tutto
il giorno della resa definitiva
d’ogni cellula e nervo al suo destino.
Pronuncia, ti prego, distintamente
le invocazioni stabilite dai Libri
per proteggermi dai turbini dei sensi
che insidiano l’Esistenza Intermedia;
ma ricordati, non devi trattenermi
fra le tue calde braccia amorose,
e nemmeno toccarmi con le mani
forse umide di pianto, ma anzi
aiutarmi per sempre a dimenticarle;
ripetimi, facendo crudelmente
gran forza sui tuoi sentimenti,
che anche il nostro amore più puro
apparteneva al mondo materiale
ed ora lo si deve abbandonare
come tutte le forme seducenti
che nutrirono il cuore e la mente,
ma che per un disegno imperscrutabile
non erano che apparenze ingannevoli.
Dovrai, pur essendo mia sposa,
esortarmi a scordare anche i ricordi
più teneri e cari, anche quelli
delle cose che un giorno con affetto
chiamavamo coi nomi dolcissimi
di alberi, erbe, animali,
ed erano appena illuminate
da una fioca bellezza materiale:
i Maestri hanno detto che non sono
che fugaci sostanze impermanenti,
non la via per riconoscere la Luce
cui devono tendere gli spiriti
che agognano a librarsi leggeri
al di sopra della vita corporale.
Dovrai mia sposa diletta
lasciarmi andare,
così come talvolta si lascia
in un oceano che sembra pauroso
la mano di un naufrago a noi caro
aggrappato a un effimero relitto
ma che più non teme di soffrire
le tempeste della Morte Intermedia
ed anela soltanto di tornare
nel grembo profondo dell’Essere,
luminosa molecola fra le molecole.
Se farai tutto questo per l’amore
che ci ha unito e che adesso ci separa,
forse saprò riconoscere
fra le tenebre la luce lontana
ma vera, che alla fine del Tunnel
si apre in quel mare di pace
su cui splende senza più accecare
la Luce materna di Dio. |